Commento, spiegazione e studio di 2 Corinzi 11:22-33, verso per verso
Son dessi Ebrei? Lo sono anch'io. Son dessi Israeliti? Lo sono anch'io. Son dessi progenie d'Abramo? Lo sono anch'io.
Son dessi ministri di Cristo? (Parlo come uno fuor di sé), io lo sono più di loro; più di loro per le fatiche, più di loro per le carcerazioni, assai più di loro per le battiture sofferte. Sono spesso stato in pericolo di morte.
Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno;
tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte sull'abisso.
Spesse volte in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo di ladroni, in pericoli per parte de' miei connazionali, in pericoli per parte dei Gentili, in pericoli in città, in pericoli nei deserti, in pericoli sul mare, in pericoli tra falsi fratelli;
in fatiche ed in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.
E per non parlar d'altro, c'è quel che m'assale tutti i giorni, l'ansietà per tutte le chiese.
Chi è debole ch'io non sia debole? Chi è scandalizzato, che io non arda?
Se bisogna gloriarsi, io mi glorierò delle cose che concernono la mia debolezza.
L'Iddio e Padre del nostro Signor Gesù che è benedetto in eterno, sa ch'io non mento.
A Damasco, il governatore del re Areta avea posto delle guardie alla città dei Damasceni per pigliarmi;
e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai dalle sue mani.