Commento, spiegazione e studio di Atti degli Apostoli 26:22-32, verso per verso
Ma per l'aiuto che vien da Dio, son durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a grandi, non dicendo nulla all'infuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto dover avvenire, cioè:
che il Cristo soffrirebbe, e che egli, il primo a risuscitar dai morti, annunzierebbe la luce al popolo ed ai Gentili.
Or mentre ei diceva queste cose a sua difesa, Festo disse ad alta voce: Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuor di senno.
Ma Paolo disse: Io non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno.
Poiché il re, al quale io parlo con franchezza, conosce queste cose; perché son persuaso che nessuna di esse gli è occulta; poiché questo non è stato fatto in un cantuccio.
O re Agrippa, credi tu ai profeti? Io so che tu ci credi.
E Agrippa disse a Paolo: Per poco non mi persuadi a diventar cristiano.
E Paolo: Piacesse a Dio che per poco o per molto, non solamente tu, ma anche tutti quelli che oggi m'ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all'infuori di questi legami.
Allora il re si alzò, e con lui il governatore, Berenice, e quanti sedevano con loro;
e ritiratisi in disparte, parlavano gli uni agli altri, dicendo: Quest'uomo non fa nulla che meriti morte o prigione.
E Agrippa disse a Festo: Quest'uomo poteva esser liberato, se non si fosse appellato a Cesare.