Commento, spiegazione e studio di Atti degli Apostoli 28:3-15, verso per verso
Or Paolo, avendo raccolto una quantità di legna secche e avendole poste sul fuoco, una vipera, sentito il caldo, uscì fuori, e gli si attaccò alla mano.
E quando i barbari videro la bestia che gli pendeva dalla mano, dissero fra loro: Certo, quest'uomo e un'omicida, perché essendo scampato dal mare, pur la Giustizia divina non lo lascia vivere.
Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne risentì male alcuno.
Or essi si aspettavano ch'egli enfierebbe o cadrebbe di subito morto; ma dopo aver lungamente aspettato, veduto che non gliene avveniva alcun male, mutarono parere, e cominciarono a dire ch'egli era un dio.
Or ne' dintorni di quel luogo v'erano dei poderi dell'uomo principale dell'isola, chiamato Publio, il quale ci accolse, e ci albergò tre giorni amichevolmente.
E accadde che il padre di Publio giacea malato di febbre e di dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e dopo aver pregato, gl'impose le mani e lo guarì.
Avvenuto questo, anche gli altri che aveano delle infermità nell'isola, vennero, e furon guariti;
ed essi ci fecero grandi onori; e quando salpammo, ci portarono a bordo le cose necessarie.
Tre mesi dopo, partimmo sopra una nave alessandrina che avea per insegna Castore e Polluce, e che avea svernato nell'isola.
E arrivati a Siracusa, vi restammo tre giorni.
E di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. E dopo un giorno, levatosi un vento di scirocco, in due giorni arrivammo a Pozzuoli.
E avendo quivi trovato de' fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E così venimmo a Roma.
Or i fratelli, avute nostre notizie, di là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne; e aolo, quando li ebbe veduti, rese grazie a Dio e prese animo.