RIFLESSI

Chi può vedere l'affetto, manifestato dall'Apostolo alla Chiesa, come esposto in questo Capitolo, senza essere colpito dalla convinzione che c'è, ci deve essere, in ogni fedele ministro di Cristo ordinato e inviato, come Paolo era, per lo Spirito Santo, un po' dello stesso amore e affetto. Com'è possibile che quell'uomo si prodighi al servizio delle anime, la cui propria anima non è fusa dalla grazia, in un ardente desiderio, per il loro eterno benessere? Freddezza, torpore e indifferenza discutono, sì, provano un'inadeguatezza al ministero.

E, qualunque dono e talento del capo un uomo possa possedere, nella semplice conoscenza letterale delle verità di Dio; non entrerà mai nel ministero con una serietà per guadagnare anime, tranne che un senso della propria salvezza, lo fa sentire per gli altri. Il beato Paolo la considera la sua vita, mentre la Chiesa viveva. La salvezza del popolo era la sua speranza e corona di gioia. E quindi ha potuto, e ha detto: come avete riconosciuto, così confidiamo che riconoscerete fino alla fine che noi siamo la vostra gioia, come anche voi siete la nostra, nel giorno del Signore Gesù.

Lettore! sarà la vostra felicità, e la mia, scoprire i nostri cuori portati nella stessa unità di spirito, in Cristo. Sua è la gloria, e nostra è la felicità. E, mentre sia ministro che popolo, sono stabiliti dalla sua grazia, in lui; allora saremo accolti, irreprensibili nella santità in lui, davanti a Dio, anche nostro Padre, alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo con tutti i suoi santi.

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