IL LIBRO DI GIOBBE

OSSERVAZIONI GENERALI.

Nel mio ingresso in ogni parte delle Sacre Scritture, desidero tenere costantemente in vista lo stesso solenne incarico del Signore che diede a Mosè dal roveto; e togliersi la scarpa, in segno di profonda umiliazione, consapevole che il luogo dove calpesto è terra santa. Signore! concedimi ogni grazia opportuna a tutti i passi che faccio, affinché i miei piedi non scivolino.

Nell'aprire questo libro di Dio, il Lettore sarà, senza dubbio, portato a notare con me quanto sia diverso lo stile di scrittura da qualsiasi delle precedenti scritture che abbiamo finora notato in questo Commento. Forma, invero, un bel modo di trasmettere le verità divine nella varietà di cui lo Spirito Santo si è compiaciuto di servirsi in questa occasione; serve a manifestare le ricchezze della sua grazia in questo particolare, che mentre diversi sono i modi per portare avanti il ​​suo grazioso disegno, tutti risultano da un solo e medesimo Spirito, che divide a ciascuno singolarmente come vuole.

Riguardo all'autore del libro di Giobbe, diverse sono state le opinioni di studiosi su questo punto. Alcuni l'hanno attribuito allo stesso Giobbe: altri hanno dichiarato che Mosè ne fu l'autore. Alcuni hanno pensato che fosse Elihu; e pochi altri hanno immaginato che fosse Isaia. Ma dovrei ritenere la cosa impossibile, rispettando quest'ultima. L'antichità del libro di Giobbe è indiscutibile; poiché il periodo più recente non poteva portarlo più in basso che a circa 1540 anni prima della venuta del Signore Gesù Cristo; ed è certo che Isaia visse da quell'epoca non più di 750 anni.

Ma non credo sia necessario trattenere il Lettore in questo luogo con ulteriori osservazioni riguardo all'autore del libro di Giobbe, o al periodo in cui fu scritto. All'inizio stesso di questo commento, ho indicato (secondo le mie capacità) l'ordine in cui i vari libri della Bibbia, come mi sembra, dovrebbero essere collocati; cui quindi mi riferisco.

Ritengo, tuttavia, più importante accertare la realtà del personaggio di Giobbe; come alcuni si sono azzardati a sollevare domande su questo punto, e hanno supposto che una persona come Giobbe non sia mai esistita. Ma quel Giobbe era una persona reale, e gli scritti che portano il suo nome ispirato, oso concludere, sono entrambi innegabilmente provati da altre parti della Bibbia. L'apostolo Paolo fa una citazione da questo libro, e lo fa nello stesso modo in cui si fa di solito, ogni volta che uno scrittore sacro prende in prestito da un altro.

È scritto, dice l'apostolo; significato nella parola di Dio: vedi 1 Corinzi 3:19 . E quanto all'esistenza di Giobbe, l'apostolo Giacomo lo cita come un illustre esempio di pazienza, il che sarebbe stato assurdo, presumendo che Giobbe non fosse mai esistito. Giacomo 5:11 .

Anzi, Dio stesso, per mezzo del suo servo il profeta Ezechiele, classifica Giobbe con altri due suoi fedeli servitori, il che ci pone al di là di ogni dubbio sulla realtà della sua persona. Ezechiele 14:14 , ecc.

Il grande scopo inteso dallo Spirito Santo da questo libro nella chiesa di Dio, per quanto le nostre scoperte hanno condotto finora, è di manifestare la grazia sovrana e l'amore di un Dio fedele al suo popolo esercitato, nonostante tutte le circostanze esteriori con cui sono circondati; e nello stesso tempo, per dimostrare, nella condotta dei suoi afflitti, fino a che punto la pazienza, e anche la gioia, nella prova, può condurli la sua grazia.

Ma, oltre a queste benedizioni generali, destinate a essere impartite alla chiesa, c'è uno scopo ancora molto più importante, al quale il libro di Giobbe, e il personaggio di Giobbe, dovevano servire. Voglio dire, nella bella rappresentazione che fa, come una figura del sempre benedetto e adorato Redentore della chiesa, il Signore Gesù Cristo. Nelle sofferenze di Giobbe, e nella sua pazienza sotto di esse, per quanto la grazia gli permise di essere vittorioso nei suoi dolori, si può considerare la rappresentazione di Gesù.

E, dopo la sua guarigione, quando il Signore nominò Giobbe come avvocato per i suoi amici, possiamo osservare una dolce somiglianza con l'esaltazione di nostro Signore alla destra del potere, e diventando il glorioso Intercessore per il suo popolo. Ecco, quindi, vorrei attirare prima l'attenzione più sveglia del Lettore, nel proseguire la lettura del libro di Abdia, poiché, supponendo (ciò che oserei credere fosse il caso) che lo Spirito Santo, nel suo benedetto ufficio di glorificare Gesù, si compiacque, in un'età così giovane della chiesa, di abbozzare alcuni tratti del Redentore in una tipica rappresentazione; certo è nostro interesse, e nostro dovere, stare alla ricerca delle dolci tracce, affinché mentre i nostri occhi contemplano, i nostri cuori si scaldino nella gratificante scoperta.

Penso che sia necessario solo trattenere ancora un momento il Lettore, per ricordare sia a me che a lui, la necessità della preghiera, con un'adeguata veglia al propiziatorio, affinché le menti di entrambi possano essere sotto l'insegnamento divino, che più lontano entriamo nello studio di questi tesori della verità celeste, le nostre anime possono essere rese più celesti dalla loro influenza benedetta; e dal respirare un'atmosfera sopra le cose che periscono quaggiù intorno a noi, possiamo, come l'apostolo, manifestare gli effetti di grazia che queste cose divine, che sono lassù, lasciano su di noi, nell'avere la nostra conversazione più in cielo, da dove cerchiamo il Salvatore, il Signore Gesù Cristo. Amen.

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