I miei peccati, ecc. In ebraico la mia ira. Non intende paragonare le sue sofferenze ai suoi veri peccati; ma con i delitti immaginari che i suoi amici falsamente gli imputarono: e specialmente con la sua ira o dolore, espressi nel terzo capitolo, che tanto accusarono. Sebbene, come dice loro qui, non era proporzionato alla grandezza della sua calamità. (Challoner) --- Giobbe non nega ma potrebbe aver trasgredito.

(Calma) Vedi cap. vii. 20. --- Ma il suo non è cosciente di alcuna offesa mortale; come i suoi amici insistevano che doveva aver commesso, poiché era così crudelmente tormentato. (Haydock) --- Alcuni negano l'autorità canonica alle parole di Giobbe, perché Dio lo ha ripreso. Ma san Gregorio (Mor. vii.) dice: Ab æterno judice casurus laudari non potuit. (Du Hamel) --- "L'uomo che stava per cadere, non poteva essere lodato dal Giudice eterno;" (Haydock) e sembra essere un errore che Giobbe abbia commesso un errore, (Houbigant) anche se affermato da molti.

Vedi Calmet; Worthington, &c. --- Ira. Ebraico, "Oh se il mio dolore (Haydock; o lamentele. Calmet) fosse accuratamente pesato e la mia calamità fosse posta insieme sulla bilancia". (Protestanti) (Haydock) --- Un uomo giusto confessa i propri peccati, ma non quelli che gli vengono ingiustamente imputati. (Worthington)

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