Commento Cattolico di George Haydock
Romani 7:22
Mi rallegro della legge di Dio secondo l'uomo interiore. Finché l'uomo interiore, o l'interiorità dell'uomo, è giusto, tutto è giusto. --- (Percepisco un'altra legge nelle mie membra, combattenti, e diversa dalla legge della mia mente: questo è vero in ogni uomo che solo lotta e resiste alle tentazioni, ma non del peccatore, la cui mente anche e acconsentirà ad esse Un uomo non può mai perdere il favore e la grazia di Dio, a meno che la sua mente e il suo intimo consenso.
--- Questi mi tengono come prigioniero nella legge del peccato, o inclinazioni peccaminose, ma che sono solo nelle membra. Grido, chi mi libererà dal corpo di questa morte, da questo corpo mortale con le sue concupiscenze peccaminose, che se acconsentito porterebbe la morte all'anima? Nient'altro che la grazia di Gesù Cristo può proteggermi da tali tentazioni e, liberandomi da questo corpo, può rendermi perfettamente felice; che non si può sperare in questa vita.
Ma ho ancora questa più grande delle consolazioni, che io stesso, con la mia mente e volontà, servo ancora Dio e rimango fermo nell'obbedienza alle sue leggi; ma con la carne, o nella carne, sono soggetto alla legge del peccato, cioè delle inclinazioni peccaminose. --- Dobbiamo evitare qui due errori eretici; quella di quei tardi pretesi riformatori, che negando il libero arbitrio dell'uomo, ritengono impossibili i comandamenti di Dio, anche a un uomo giusto.
Vedi anche la prima proposizione eretica di Giansenio. Poi dobbiamo detestare il tardo abominevole errore di quelli detti quietisti, i quali arrossirono per non dire che un uomo potesse cedere e abbandonarsi ai più vergognosi disordini della carne, pretendendo che non fossero loro stessi, ma il peccato e il diavolo che causavano gli abomini nella loro carne. Sant'Agostino prevedeva questa frivola scusa: (lib.
io. de. nup. e Concup. cap. xxviii.) "Quell'uomo (dice) è in grave errore, il quale, acconsentendo alla concupiscenza della carne, e a fare ciò che la carne gli suggerisce, crede di poter ancora dire: non sono io che lo faccio, " &C. (Conam)