Commento di Frederick Brotherton Meyer
Atti degli Apostoli 26:1-11
Paolo ha permesso di parlare per se stesso
Sebbene la difesa di Paolo davanti ad Agrippa sia in sostanza la stessa di quella dalle scale del castello di Gerusalemme, differisce nella descrizione estesa del notevole cambiamento che era passato sulla sua vita in conseguenza dell'interposizione diretta di Gesù Cristo. E nel paragrafo iniziale sottolinea con grande evidenza la sua decisa opposizione alla dottrina di Cristo, a riprova che la sua conversione era una prova attendibile.
Allungando la mano, l'Apostolo iniziò congratulandosi con se stesso per l'opportunità di presentare la sua causa davanti al pronipote di Erode il Grande, la cui elaborata formazione in tutte le questioni della religione ebraica lo rendeva insolitamente competente per affrontare le questioni in discussione. Chiese perché dovrebbe essere così difficile accreditare il fatto attestato della risurrezione del Signore. Ha ammesso che lui stesso aveva resistito all'evidenza quando l'aveva ascoltata per la prima volta.
In effetti, aveva tutto da perdere se l'avesse accettato. La sua feroce persecuzione dei cristiani provava almeno che era un testimone imparziale. Così si implorò davanti a quel gruppo di alti e potenti potentati. Che contrasto tra le loro splendide vesti e i loro gioielli scintillanti, e il povero prigioniero logoro e incatenato! Ma sono ricordati solo per questo legame fortuito con Paolo, mentre Paolo ha guidato le menti più potenti delle epoche successive.