Commento di Frederick Brotherton Meyer
Giobbe 4:1-21
"L'uomo mortale sarà più giusto di Dio?"
Il primo ciclo di discorsi è aperto da Elifaz. Va ricordato che lui e gli altri due credevano che una sofferenza speciale derivasse e fosse il segno di un peccato speciale. Le calamità di Giobbe, alla luce di quel pensiero, sembravano dimostrare che colui che era stato considerato un modello di perfezione non era quello che avevano supposto. Secondo la loro filosofia, se solo confessasse il suo peccato, tutto andrebbe bene e il sole splenderebbe di nuovo sul suo cammino.
Elifaz racconta una visita, in una visione notturna, dal mondo invisibile, che è descritto con potere meraviglioso. L'accento è posto sull'infinita distanza tra Dio e l'uomo, e sull'impossibilità che un mortale possa essere considerato solo in presenza della purezza divina. Naturalmente il suggerimento è che Giobbe stesse subendo la punizione del peccato che, sebbene fosse sfuggito agli occhi umani, era nudo e aperto davanti a Dio. Un angelo sembra oscuro contro la pura luce di Dio, e se un angelo è carente, quanto più uomo!