Esposizione di G. Campbell Morgan
2 Cronache 18:1-34
Questi capitoli contengono la storia di uno strano errore nella storia di Giosafat, e anche del suo pentimento e restaurazione. Acab era re in Israele, forse il più malvagio che sia mai seduto sul trono. Con lui Giosafat fece affinità. La storia di questa strana e falsa unione è molto interessante. Il re di Giuda tentò di insistere, in mezzo alla corruzione della corte di Acab, sulla necessità di consultare Geova sulla proposta campagna a Ramot di Galaad.
Era una strana compagnia per un uomo di Dio essere in compagnia, e lui a malapena riuscì a scampare con la sua vita, e non sarebbe scappato se non per l'intervento di Geova. Un uomo senza nome "tirò l'arco per un'impresa", come recita il margine, "nella sua semplicità". Non era nemmeno un'impresa nel senso di un tentativo, o un gioco d'azzardo contro ogni probabilità, nella speranza di uccidere il re d'Israele. Fu fatto «nella sua semplicità», cioè senza arte, senza altra intenzione che quella di «proseguire» nel senso comune di quella parola.
Probabilmente quest'uomo aveva già scoccato molte frecce, e continuò nella sua semplicità, poco sapendo che questa particolare freccia doveva essere guidata attraverso tutta la confusione dritta al bersaglio dalla conoscenza infallibile e dalla potenza di Dio. Eppure così è stato.
Così si vede come il rifugio della menzogna non sia mai nascosto agli occhi di Dio. Gli uomini possono nascondersi affinché altri uomini non li trovino mai; ma quando è giunta l'ora del loro giudizio, Dio si impossessa di un evento ordinario e ne fa la strada maestra sulla quale viene per realizzare il suo proposito. "È appena successo", dice l'uomo di mondo. "Dio l'ha fatto", dice l'uomo di fede.