Continuando il discorso iniziato nel capitolo precedente, troviamo insistenza sul fatto che non devono essere offerti falsi sacrifici e che nessun falso adoratore deve avvicinarsi. Per affrontare tali problemi, è stato minuziosamente stabilito un metodo. In primo luogo ci deve essere un'indagine attenta e per la condanna devono esserci tre, o almeno due, testimoni. Quando sono sorti casi di particolare difficoltà, devono essere rimessi ai sacerdoti e al giudice supremo, cioè al tribunale religioso e civile.

Poi seguì una rivelazione del triplice mezzo attraverso il quale il governo di Dio deve essere interpretato: il re, il sacerdote e il profeta. Nel trattare con il re le parole di Mosè furono di profetica preveggenza. Vide cosa sarebbe successo nella storia delle persone dopo che fossero entrate nella terra. Pertanto sono stati dichiarati i principi di nomina. Il re deve essere scelto da Dio ed essere della nazione del popolo.

Non doveva moltiplicare cavalli, mogli, argento o oro. Tutte queste cose erano caratteristiche dei re delle nazioni che li circondavano, ed era previsto che il re d'Israele dovesse vivere una vita più semplice per il compimento di un ideale superiore. Inoltre, doveva essere uno studioso e praticante della legge.

Questo è un ritratto straordinario dell'ideale di regalità di Dio. Sarebbe un esercizio interessante misurare i re degli uomini nel corso della storia da questo ideale. Una tale procedura si svilupperebbe inevitabilmente in una duplice coscienza. In primo luogo, troveremmo che la misura in cui i re degli uomini si sono conformati all'ideale è la misura in cui hanno contribuito alla forza della vita nazionale; e, al contrario, la misura con cui hanno violato questi principi è stata la misura del disastro risultante dal loro governo.

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