In questa divisione, trattando le evidenze della vanità della vita, il predicatore espone alcune deduzioni. La saggezza più alta è la sottomissione alle cose come sono. Chi sa qualcosa? lui chiede. Perciò è bene riconoscere l'autorità del re e cedervi, riconoscere l'inevitabilità di tutte le cose e sottomettersi ad esse, riconoscere l'assoluta certezza della morte e abbandonarsi a quella certezza.

Eppure, facendo tutto questo, rimarrà nel cuore il riconoscimento dell'abbondante ingiustizia. È manifesto in tutte le vie degli uomini. In una clausola che vuole essere salvifica, il predicatore ne dichiara l'esistenza ma ne nega assolutamente l'attività. E qual è il problema ultimo in tutte queste convinzioni? "Ho lodato l'allegria, perché un uomo non ha cosa migliore sotto il sole, che mangiare, bere e essere allegro". E questo perché la saggezza è sfuggente. L'uomo non può sapere, quindi non ha bisogno di provare e dovrebbe abbandonarsi ai piaceri sensuali del momento. È tutto vero se un uomo vive "sotto il sole".

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