La frase iniziale del libro della Genesi è un'interpretazione del fatto "che ciò che si vede non è stato fatto da cose che appaiono" Ebrei 11:3 ), e rende conto delle cose che si vedono. L'intero capitolo, e, invero, tutta la successiva Scrittura, deve essere letto alla luce di questa affermazione sulle origini.

Questa frase è seguita immediatamente da una dichiarazione, senza dettagli, di un cataclisma che ha colpito la terra. Si procede poi a mostrare come il Dio che ha creato, ha riportato la terra alla fecondità e all'ordine. Dio è qui rivelato nel triplice fatto della Sua esistenza. La terra caotica è vista trattenuta nell'abbraccio dello Spirito, che è descritto come cova su di essa. La Parola di Dio si ascolta esprimendo la volontà di Dio. Così si vede Dio pronunciare lo scopo della sua mente a parole e fare la sua volontà attraverso l'attività dello Spirito.

Lo scopo di questo processo di restaurazione è visto nella creazione di un essere completamente nuovo, l'Uomo. Questo essere si rivela in rapporto diretto con Dio, essendo fatto a sua immagine e somiglianza. Qui non viene dichiarata la verità più profonda sulla natura dell'uomo, quella della sua spiritualità. Di conseguenza non vi è qui alcun riferimento alla sua natura morale, salvo che entrambi possono essere implicati nel fatto del suo essere a immagine e somiglianza di Dio.

Il capitolo rivela un universo radicato nel pensiero e nell'attività di Dio e dell'uomo come sua progenie. L'accettazione di queste dichiarazioni dà alla mente un senso della maestà di tutto l'essere, creando così uno sfondo radioso contro il quale sarà vista e compresa più chiaramente l'oscurità della storia successiva. Qualsiasi altra visione dell'universo e dell'uomo non riesce a comprendere la vera natura del male.

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