Esposizione di G. Campbell Morgan
Giacomo 4:1-17
Lo scrittore ora ha affrontato l'effetto della fede sul carattere. Tutto dipende dal desiderio. Tentare di soddisfare un desiderio naturale senza riferimento a Dio è futile, e si tratta di conflitti interni, guerre e conflitti esteriori. Lo scrittore chiese: "Lo Spirito che ha fatto dimorare in noi desidera invidiare?" È evidente che lo Spirito di Dio non crea il desiderio che nasce nell'invidia.
Il correttivo divino di tale condizione è, in primo luogo, che Dio «dà più grazia... agli umili». Nella grazia infinita di Dio c'è ampia provvista per contrastare tutte le forze del male. La responsabilità si rivela in una serie di ingiunzioni. Per quanto riguarda Satana, prima deve essere la sottomissione a Dio, e poi la resistenza. Non basta, però, avvicinarsi a Dio e poi essere negligenti nella condotta.
"Avvicinati a Dio, ed Egli si avvicinerà a te". Nel senso della vicinanza che ne deriva è possibile lavarsi le mani, cioè correggere la condotta; e per purificare il cuore, cioè per raddrizzare il carattere.
Tali atteggiamenti di vita risulteranno, in primo luogo, in un giusto rapporto con l'uomo. La fede viva in Dio crea sempre nel cuore dell'uomo la consapevolezza che il suo giudizio sull'altro può essere parziale ed erroneo, ma solo Dio conosce i fatti più profondi. Quindi la fede in Dio significa una dipendenza da Lui attuale e attiva. È in connessione con questa argomentazione che si stabilisce il principio che «per colui dunque che sa fare il bene e non lo fa, per lui è peccato». Il riferimento è al detto: "Se il Signore vuole". Così si mostra che la negligenza di ogni retta abitudine, anche nella parola, è della natura del peccato.