“Quando dirò al giusto che vivrà sicuramente, se confida nella sua giustizia e commette iniquità, nessuna delle sue azioni giuste sarà ricordata. Ma nella sua iniquità che ha commesso, in quella volontà certamente morirà».

L'avvertimento qui è contro chi ha vissuto rettamente e quindi è fiducioso di meritare la benevolenza di Dio. Quindi sente che Dio ora gli deve qualcosa e che può volgersi al peccato senza perdere la buona volontà di Dio. Questa è la convinzione che il destino di un uomo dipenda dalla quantità delle sue buone opere. Ma qui è negato. È qui chiaramente affermato che il giudizio di Dio sull'uomo non è determinato dalla quantità della sua giustizia, ma dal suo atteggiamento di cuore rivelato.

Nei tempi antichi molti credevano che i peccati degli uomini fossero messi nelle bilance da una parte e i buoni dall'altra, e un uomo avrebbe ricevuto secondo il quale pesava il più pesante. Il loro punto di vista era che se un uomo avesse vissuto una vita retta, avrebbe potuto farla franca con un po' di peccaminosità. Ma Ezechiele nega ferma ed enfatica una tale idea. Non importava quale fosse il peso dei peccati di un uomo, né quale fosse il peso delle sue azioni giuste.

Ciò che importava era se il suo cuore fosse rivolto rettamente a Dio. E solo un uomo il cui cuore era giustamente rivolto a Dio poteva essere sicuro che sarebbe vissuto e non sarebbe morto. Solo lui poteva guardare avanti con fiducia al favore di Dio.

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