Il commento di Arthur Peake alla Bibbia
Giobbe 1:20-22
Nella sezione precedente la narrazione è andata avanti, raffigurando la rabbia sfrenata di Satana. Qui invece abbiamo un bel quadro di completo riposo e rassegnazione, e ci viene insegnato come un uomo veramente pio sopporta le prove. Giobbe risorge: da uomo di rango aveva ricevuto i messaggeri seduti. Si strappa il mantello e si rade la testa, facendosi come un mendicante o uno schiavo in segno della sua umiliazione. Poi si abbassa a terra in silenziosa preghiera, riconoscendo la sua sottomissione al decreto di Dio.
Le parole di Giobbe ( Giobbe 1:21 ) non sono per Dio, ma per l'uomo. Questa frase e il relativo Giobbe 2:10 possono ben essere descritti come il credo di tutta la pietà orientale (Duhm). Osserva però che nel poema l'atteggiamento di rassegnazione non è quello di Giobbe, ma degli amici, specialmente Elifaz ( Giobbe 5:8 5,8 ; Giobbe 22:21 ).
Nota anche che Giobbe fa esattamente l'opposto di ciò che Satana si aspettava, non maledice, ma benedice Dio. La lezione di questo capitolo è che, come la sofferenza non è sempre il risultato del peccato, così nel caso di un uomo pio non è nemmeno una tentazione di peccare.
Giobbe 1:22 . Il significato esatto della seconda clausola è incerto, forse dovremmo seguire Syr, e tradurre Dio offerto senza irriverenza.