Elifaz è spinto a rispondere, nonostante la sua riluttanza, dal tono del discorso di Giobbe, che gli sembra del tutto irriverente. Si meraviglia che Giobbe, che aveva consolato tanti altri in difficoltà, cada in tale disperazione, quando i guai si sono presentati a lui. Elifaz presume che Giobbe sia un uomo giusto; Il lavoro 6 non è inteso come sarcasmo. Elifaz suggerirebbe semplicemente che i guai di Giobbe lo hanno indotto a lasciare la posizione della religione.

La sua denuncia (cap. 3) era inadeguata. Elifaz non vede che Giobbe si era occupato del problema del comportamento di Dio nei suoi confronti, un problema che è del tutto al di fuori del cerchio delle idee in cui si muove Elifaz, come il resto degli amici. Per loro la religione non si preoccupa del comportamento di Dio verso l'uomo, ma solo del comportamento dell'uomo verso Dio. Elifaz, dunque, richiama Giobbe al timor di Dio, donde è caduto per le sue inadeguate lamentele.

Dovrebbe sapere ( Giobbe 4:7 che i giusti non muoiono mai, come fanno gli empi ( Giobbe 4:8 ). Se Dio manda afflizione al giusto, allora la sua funzione può essere solo disciplinare. Questa è la spiegazione della afflizione di Giobbe che Elifaz Gli amici dapprima presumono che Giobbe non sia un peccatore volontario come quello punito da Dio, ma uno che Dio castiga per purificare dal peccato non intenzionale e che, umiliandosi davanti a Dio, può essere riportato di nuovo alla prosperità.

L'opposizione fondamentale tra gli amici e Giobbe è che essi invariabilmente trovano nell'uomo la causa della sventura, mentre Giobbe, almeno per quanto riguarda lui, la trova in Dio. Infatti l'unica causa della sofferenza è per loro il peccato: la sofferenza o è castigo o punizione, a seconda che si ripercuota sul giusto o sull'ingiusto. Gli amici iniziano facendo la supposizione più caritatevole nel caso di Giobbe.

In Giobbe 4:7 f. Elifaz afferma ingenuamente la sua teoria accettata come un fatto di esperienza ( cfr Atti degli Apostoli 28:4 ). La figura del leone in Giobbe 4:10 s. suggerisce sia la forza che la violenza degli empi.

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