Il commento di Arthur Peake alla Bibbia
Giudici 5:28-30
La Madre di Sisera. C'è un'ironia quasi impareggiabile nei versi di chiusura del poema, ma non è un'ironia crudele e beffarda. Le parole non erano né scritte, né destinate a essere recitate o cantate, in uno spirito di derisione. Qualcuno può leggerli ora senza emozioni di pietà e paura? Con arte inimitabile, alla maniera della più alta tragedia, il poeta dipinge un gruppo di donne nobili e spensierate, sulle quali sta cadendo, invisibile, l'ombra della morte.
La scena nell'harim del palazzo di Sisera il volto alla grata della finestra, l'attesa febbrile dell'eroe che torna a casa, i rimproveri delle lunghe ruote dei carri, le domande di irritata impazienza, le risposte rapide e sicure, l'alimentazione della fantasia con visioni di conquista e rovina quanto vividamente tutto questo è stato concepito! E, dopo aver dipinto il suo quadro, l'artista lo lascia. Un poeta minore, come l'autore di una famosa canzone di guerra francese, avrebbe inviato un messaggero con la notizia che l'eroe era mort et enterré.
Non succede niente del genere qui. Quel volto è lasciato sul reticolo il volto di una madre che aspetta per sempre un figlio che non tornerà mai più. [Forse dovremmo adottare il mons. in Giudici 5:29 ; la madre, troppo ansiosa per accettare la rassicurazione delle sue dame, continua a mormorare a se stessa i suoi presentimenti un delicato tocco di natura.
ASP] Con Giudici 5:31 , cfr. Salmi 68:2 segg; Salmi 92:9 . Si presume che, essendo i nemici di Israele i nemici di Yahweh, la vittoria sia una vittoria per Lui; ed è notevole che anche così forse all'inizio del XII secolo aC coloro che Lo servono e combattono le Sue battaglie non sono descritti come coloro che Lo temono, ma come coloro che Lo amano. Questo fatto non spiega tutto?