Commento critico ed esplicativo
Atti degli Apostoli 19:41
E quando ebbe così parlato, congedò l'assemblea.
E quando ebbe così parlato, congedò l'assemblea.
Osservazioni:
(1) Poiché la necessità in base alla quale Paolo si sentiva di trasferire le sue fatiche dalla sinagoga a un luogo di incontro separato, prima a Corinto e poi a Efeso, era uno dei passi attraverso i quali la sua mente e quella dei suoi co-ebrei gli aiutanti furono a poco a poco sciolti dall'esclusività dell'antica economia, sicché gli eventi imprevisti e inarrestabili nella Provvidenza sono stati di età in età più efficaci di quanto tutti gli argomenti sarebbero stati senza di loro, nel liberare i fedeli servitori di Cristo da pregiudizi ancestrali; permettendo loro di scoprire e incoraggiandoli ad avvalersi della libertà con cui Cristo li ha resi liberi.
Se i discepoli che si aggiravano per Gerusalemme non fossero stati tutti dispersi, ad eccezione degli apostoli, per la persecuzione nata dopo il martirio di Stefano, probabilmente non avrebbero mai predicato nemmeno ai loro fratelli ebrei; tanto meno coloro che si trovarono in mezzo ai pagani ad Antiochia avrebbero predicato a tali inscrutabili ricchezze di Cristo, e vi avrebbero innalzato una bella chiesa di Gentili non circoncisi.
Gli eventi li costrinsero a una linea d'azione che, sebbene in un primo momento potessero intraprendere con qualche esitazione, in seguito avrebbero sentito essere stata un loro privilegio fin dall'inizio. Così, al tempo della gloriosa Riforma, quasi ogni passo era più forzato che scelto deliberatamente; così è stato in alcuni eventi dei nostri giorni; e così, non dubitiamo, sarà ancora nelle lotte ecclesiastiche che i saggi vedono avvicinarsi.
È così che gli uomini sono gradualmente preparati ad occupare posizioni e ad assolvere compiti dai quali rifuggirebbero, e per i quali potrebbero dimostrarsi inqualificabili, se fossero chiamati a loro tutti in una volta e con la semplice forza di argomentazione.
(2) 'Nell'argentiere Demetrio, e nei suoi compagni (dice Gerok) riconosciamo-in primo luogo, Gli schiavi abbietti degli affari, che, nel perseguimento del guadagno temporale, hanno perso ogni considerazione per l'eternità; poi, i ciechi aderenti ai costumi stabiliti, i quali, da ogni nuovo movimento dello Spirito, temono il turbamento della loro agiatezza, e, invero, la distruzione del mondo; in terzo luogo, i presbiteri del Bello, i quali, nell'idolatra venerazione della natura e dell'arte, non riconoscono alcuna coscienza del peccato, né bisogno di grazia.
Confronta il poema di Goethe, "Grande è Diana degli Efesini", e la sua confessione nella sua corrispondenza con Jacobi: "Io sono anche ora uno degli argentieri di Efeso che ha trascorso tutta la sua vita nella contemplazione, nell'ammirazione e nell'adorazione del meraviglioso tempio di la dea (Natura), e ad imitazione delle sue forme misteriose; e in cui non può in alcun modo suscitare un sentimento gradevole, se qualche apostolo ostacolerà un altro e un Dio informe» [cioè un vivente e invisibile Autore della Natura]; quarto, gli ipocriti fanatici della Chiesa e della Religione, i quali, con il loro apparente zelo per la casa di Dio, hanno in vista solo il proprio interesse».
(3) Il grido, "Grande è Diana degli Efesini", suggerisce anche a Gerok i seguenti sorprendenti pensieri pratici:
a) «Grande e glorioso è il regno della natura; ma troviamo la nostra vera casa e il nostro giusto posto solo nel Regno della Grazia.
(b) Grandi e belle sono le opere della mente umana nell'arte e nella scienza; ma senza la disciplina dello Spirito Divino e la luce della Rivelazione cristiana, l'arte e la scienza cadono nell'errore più grossolano.
(c) Grande e forte è il potere della volontà umana; ma con la migliore volontà non possiamo rendere al santo Dio nessun servizio puro e non costruire un tempio degno, se il suo Spirito non purifica i nostri cuori nel suo santuario e perfeziona la sua forza nella nostra debolezza.
(d) Grandi e notevoli sono le storie dei regni terreni (come Grecia e Roma); ma il regno incrociato di Gesù Cristo trionfa su tutto. Efeso giace in rovina, e il tempio di Diana in cenere; ma le porte dell'inferno non prevarranno contro la Chiesa di Cristo».
(4) Quando si pensa con quale difficoltà si fanno perdere la presa a complicati sistemi di frode religiosa e di superstizione, che per secoli hanno tenuto i popoli in vile schiavitù e timore, non si può non meravigliarsi del rapido successo del Vangelo nelle mani di Paolo ad Efeso, non solo nell'esplosione delle 'curiose arti' ivi praticate, ma anche nello scuotere al suo centro il magnifico culto del tempio delle streghe, che poi estinse del tutto.
E se questo Vangelo è ancora potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, e lo Spirito Santo, a Pentecoste, fatto scendere dal cielo, non è stato ritirato, non dovrebbe la Chiesa di Dio, mandando ora uomini di Dio nello spirito di Paolo, non per bestemmiare, ma per assalire le gigantesche e vetuste superstizioni che ancora dominano milioni della nostra razza, aspettandosi risultati simili?
(5) Quale mente perspicace può non vedere nei princìpi che stanno alla base della superstizione romana lo stesso carattere idolatrico e irrazionale che distingueva il culto del tempio di Efeso; e opposti come questi sono fondamentalmente a quelli del Nuovo Testamento, il quale non percepisce che la crescita di questo sistema è la crescita di tutto ciò che è anticristiano, che la sua esistenza è la macchia della cristianità, e che il suo rovesciamento-radice e ramo- è essenziale per il trionfo del regno di Dio?