I quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio.

Che sono nati, х egenneetheesan ( G1080 )]. Osserva questa parola "nato" o generato.' Non era solo un nome, solo una dignità, quello che Cristo conferiva loro: era una nuova nascita, era un cambiamento di natura: l'anima prendeva coscienza, in virtù di esso, delle capacità vitali, delle percezioni e delle emozioni un 'figlio di Dio', per il quale prima era un totale estraneo. Ma ora per la Fonte e l'Autore di quella nuova nascita, sia negativamente che positivamente.

Non di sangue - non di "discendenza umana superiore", come giudichiamo essere il significato,

Né della volontà della carne - non della "generazione umana" affatto,

Né della volontà dell'uomo - non dell'uomo in nessuno dei modi in cui la sua volontà produce qualcosa. Con questa complessa, triplice negazione della fonte umana e terrena di questa filiazione, quanto enfatica diventa la seguente dichiarazione della sua vera fonte!

Ma di Dio. Figliolanza strettamente divina dunque, nella sua fonte questa era quella che Cristo conferiva a quanti lo ricevevano. Il giusto dono regale che chi conferisce deve essere assolutamente divino. Perché chi non adorerebbe Colui che può portarlo nella famiglia, ed evocare in lui la vita, dei figli di Dio? Ora viene il grande culmine, che ci introduce e ci eleva all'altezza di cui sono stati scritti i tredici versi precedenti.

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