Commento biblico del sermone
1 Tessalonicesi 2:19-20
I. Il testo punta al futuro. Paolo amava i Tessalonicesi; ne faceva menzione nelle sue preghiere. Ricordava incessantemente il loro lavoro di fede, il loro lavoro di amore, la loro pazienza e speranza. Invece di indulgere in affettuosi rimpianti e lamentarsi della rottura dei vecchi legami e abbandonarsi al fascino delle reminiscenze sentimentali, guarda avanti con gioia al futuro, anticipando una rinnovata comunione, calcolando la continua utilità.
Il suo punto di vista si estende alla venuta di nostro Signore Gesù Cristo. La morte di Cristo, la risurrezione di Cristo, l'ascensione di Cristo, questi fatti gettavano ombre maestose sul cammino della vita dei credenti, e furono per loro fonti di ispirazione entusiasta; ma la venuta del Signore Gesù fu la luminosa speranza che fissava i loro occhi e riempiva i loro cuori.
II. Il testo riconosce un legame eterno di unione tra un pastore cristiano e il suo gregge. Quanto detto qui implica un riconoscimento reciproco all'ultimo giorno. Il vero ministro lavora per l'eternità. Il risultato del suo impiego non apparirà fino allo scadere del tempo. Molti tipi di sforzi in questa vita producono risultati immediati; possono essere immediatamente rilevati e registrati. Ma non così con ciò che viene dalla nostra sacra occupazione. La mietitura è la fine del mondo; i mietitori sono gli angeli.
III. Il testo suggerisce le condizioni alle quali può realizzarsi la speranza apostolica. (1) La conversione degli uomini a Cristo attraverso il loro pentimento e la loro fede, attraverso la loro esperienza del cambiamento che solo il Vangelo descrive, che solo il Vangelo opera, cioè la nuova nascita. (2) Un secondo terreno su cui poggia tale felicità è l'edificazione, il miglioramento, la crescita in santità di coloro che si sono così convertiti. (3) La consolazione degli afflitti in questo mondo di prova si aggiungerà alla corona di gioia. Il più forte di tutti i poteri ministeriali è la simpatia nel dolore.
J. Stoughton, Penny Pulpit, Nuova serie, n. 792.
Riferimenti: 1 Tessalonicesi 2:19 ; 1 Tessalonicesi 2:20 . Pulpito del mondo cristiano, vol. vii., p. 241; R. Davey, Ibid., vol. xi., p. 282; Mensile del predicatore, vol. ii., pag. 452; J. Vaughan, Cinquanta sermoni, sesta serie, p. 81.