Apocalisse 16:17
17 Poi il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e una gran voce uscì dal tempio, dal trono, dicendo: E' fatto.
Influenza satanica.
I. Sappiamo che era opinione prevalente tra gli ebrei che gli angeli caduti avessero la loro residenza nell'aria, riempiendo quella regione che si estende tra la terra e il firmamento. Difficilmente si può dire da dove sia derivato il parere, né su quali ragioni sufficienti possa essere sostenuto. Ma quando san Paolo chiama il diavolo «il principe della potenza dell'aria», si può dire che favorisca l'opinione e quasi le attribuisca la sanzione della sua autorità.
Tuttavia, è di poca importanza determinare dove hanno le loro dimore gli angeli caduti; e forse l'associazione del diavolo con l'aria non è tanto per definire la residenza di Satana, quanto per darci informazioni sulla natura del suo dominio. Intendiamo dire che probabilmente non ci viene insegnato qui che il diavolo dimora nell'aria sebbene questo possa anche essere il significato, ma piuttosto che ha a sua disposizione il potere dell'aria, in modo da poter utilizzare questo elemento nelle sue operazioni sull'umanità.
E non sappiamo perché la potenza del diavolo debba essere considerata confinata a ciò che siamo soliti chiamare azione spirituale, in modo da non essere mai impiegata nella produzione del male fisico, perché le anime, e non anche i corpi, degli uomini dovrebbero essere considerati come oggetti del suo attacco. Se crediamo, come crediamo, che fin dal suo primo successo Satana è stato instancabile nei suoi sforzi per seguire la sua vittoria, per quanto riguarda l'anima, istigando al peccato, cedendo alle tentazioni e gettando ostacoli nel via di pietà, perché non dovremmo anche credere che ha continuato i suoi assalti al corpo, consumandolo con la malattia, tormentandolo con il dolore, e rendendolo così un grande ingombro per l'anima nelle sue aspirazioni alla giustizia? Infatti, se si potesse anche supporre che,
II. Sappiamo infatti bene che non è il diavolo che distrugge l'uomo. Deve essere l'uomo che distrugge se stesso. Il diavolo non può fare nulla contro di noi se non quando gli diamo un'opportunità, cedendoci ai suoi suggerimenti e permettendogli di condurci prigionieri a suo piacimento. Ma alla fine può accadere, se continuiamo a camminare come figli della disobbedienza, che espelleremo completamente dal nostro petto lo Spirito di Dio, i cui sforzi sono stati respinti e i cui ammonimenti sono stati disprezzati, e introniamo al suo posto che spirito del male il cui desiderio e la cui fatica è di farci condividere la sua stessa rovina.
E poi c'è una possessione demoniaca chiara come quando l'uomo fu gettato nel fuoco o nell'acqua attraverso le spaventose energie del demonio interiore. Non concludiamo troppo frettolosamente che non c'è nulla ai nostri giorni di analogo a quei possedimenti demoniaci di cui si fa così frequente menzione nel Vangelo. Quando l'Apostolo parla del diavolo come di "operare nei figli della disobbedienza", usa la stessa parola che altrove è usata per le operazioni dello Spirito Santo, quell'Agente divino che dimora nei credenti, risiedendo in loro come monitor permanente, rinnovando la loro natura e preparandoli alla gloria.
Sicché san Paolo attribuisce al diavolo, come operante nei figli della disobbedienza, quella stessa energia che attribuisce allo Spirito di Dio come operante nei discepoli di Gesù. E qualunque sia, dunque, il grado in cui consideriamo gli uomini buoni come posseduti dallo Spirito Santo, in quello stesso grado dobbiamo considerare gli uomini abbandonati e reprobi come posseduti da Satana e dai suoi angeli. Dev'esserci tanta influenza diretta, tanta resa dell'uomo al dominio instaurato dentro di sé, in un caso come nell'altro.
In nessuno dei due abbiamo il diritto di dire che il libero arbitrio è interferito, tanto meno distrutto; ma in entrambi c'è la volontaria sottomissione ai dettami di un altro, e quell'altro così identificato con l'uomo stesso da essere effettivamente vincolato dall'essere obbedito. Non c'è quindi dubbio che il diavolo è un nemico da temere e da resistere; ma ringraziamo Dio per l'affermazione che ci sarà un giorno sulla nostra creazione in cui l'avversario maligno sarà legato e spogliato del suo potere di assalire.
H. Melvill, Pulpito di Fenny, n. 1838.
Riferimenti: Apocalisse 18:2 . Rivista Omiletica, vol. viii., p. 99. Apocalisse 18:4 . G. Carlyle, Pulpito del mondo cristiano, vol. iii., pag. 168. Apocalisse 18:10 .
FW Farrar, Ibid., vol. xxxiii., p. 312. Apocalisse 19:1 . Mensile del predicatore, vol. ii., pag. 262. Apocalisse 19:3 . G. Calthrop, Parole dette ai miei amici, p. 358.