Commento biblico del sermone
Filippesi 4:13
I. Il contesto mostra che è più di sopportare che di fare ciò che parla San Paolo. Egli è stato iniziato, dice, al grande mistero della contentezza. Sa riconciliarsi ad ogni estremo, come comportarsi nell'abbondanza e nella fame, nell'abbondanza e nel bisogno. È vero in tutti i sensi del cristiano, certamente era vero in tutti i sensi di san Paolo, che tutto può fare per mezzo di Cristo che lo fortifica; ma qui siamo particolarmente chiamati a notare che Cristo ha consentito a S.
Paolo, e può permettere a tutti i credenti di accontentarsi di ogni condizione e di ogni circostanza della vita che la provvidenza di Dio si è compiaciuta di ordinare. La contentezza è la pronta acquiescenza del cuore e della volontà in ciò che è ed è per noi; è il non tendere a ciò che ci è proibito o negato; è il non guardare con ardente desiderio attraverso le sbarre della nostra gabbia una libertà immaginata o un paradiso immaginato esteriore; è il dire, e dire perché lo sentiamo nel profondo della nostra anima: Questa è la volontà di Dio, e perciò è la mia volontà; è la condizione di colui che è indipendente da tutto tranne che da Dio, di colui che né ricchezza né povertà, né ricchezza né miseria, né successo né fallimento, né prosperità né avversità, possono tanto intaccare da fargli la differenza di essere un uomo felice o miserabile.
II. Tale appagamento è, come scrive qui lo stesso Paolo, della natura di un segreto o mistero comunicato solo mediante rivelazione speciale a pochi eletti. Ci sono stato iniziato, scrive. Chi racconta il segreto? chi inizia a quel mistero divino? Deve essere una persona. Non sentiamo segreti dal sussurro dei venti; non siamo iniziati ai misteri dalle voci comuni o dai cambiamenti transitori e dalle possibilità della vita mortale. Quella contentezza che è in un senso un mistero è in un altro senso altrettanto vero una grazia e una forza.
CJ Vaughan, Lezioni sui Filippesi, p. 311.
Vediamo qui
I. Gesù Cristo rafforza il Suo discepolo e apostolo Paolo. Ogni uomo ha bisogno di forza, ma nessun uomo ha dentro di sé una forza pari alle richieste che gli vengono poste. Un apostolo non fa eccezione a questa regola. L'apostolato non aiutò il cristianesimo personale di Paolo; ma rendeva quel cristianesimo più difficile e più arduo. Paolo, il meraviglioso convertito, il sommoapostolo, era uguale a tutte le cose solo perché Cristo lo rafforzava.
II. Paolo assicurò che tutto gli era possibile. Si sentiva uguale a tutto il lavoro e la fatica che il dovere potesse mai comportare; si sentiva uguale a tutte le sofferenze che potevano diventare la sua parte. Non come ebreo, non come figlio di Abramo, non come discepolo di Mosè, ma come cristiano, Paolo disse: "Posso fare ogni cosa per mezzo di Cristo che mi fortifica".
S. Martin, Westminster Chapel Sermons, 1a serie, p. 126.
Riferimenti: Filippesi 4:13 . Spurgeon, Sermoni, vol. vi., n. 346; Omiletic Quarterly, vol. ii., pag. 268; G. Brooks, Cinquecento contorni, p. 107; Sermoni sul Catechismo, p. 1; F. Temple, Sermoni di rugby, 1a serie, p. 1.