Commento biblico del sermone
Genesi 1:28
Questo comando significa per il genere umano un destino di progresso o di povertà? Questa domanda ci viene posta oggi da molte direzioni. Viene posta, non solo da teologi ed economisti, ma come questione vitale del pane quotidiano da manovali e operai inglesi. Nel potere di portare le questioni sociali nell'ambito di un comune insegnamento religioso sta, in questi giorni, la vera "nota" di una Chiesa in piedi o in caduta.
Se il cristianesimo detiene ancora la chiave di tutti i problemi irrisolti, sia della società che dell'individuo, spetta alla Chiesa di oggi cogliere, se può, e esporre, con le parole o con i fatti, il portamento che il cristianesimo ha sulla vita sociale dell'uomo.
I. La povertà è un'ordinanza perpetua di Dio, da accettare come parte essenziale dello schema provvidenziale di governo? Per chiunque creda nella preghiera quotidiana che Cristo ci ha insegnato: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in terra come in cielo", non ci possono essere dubbi sulla vera risposta a questa domanda. Crediamo nella perfettibilità dell'umanità. La grande ampiezza delle cose va dal basso verso l'alto.
Lungi dall'attribuire lo stato di povertà all'ordine provvidenziale della società, è a quell'ordine sociale che attribuiamo tutte le vittorie ottenute sulla povertà. Studiate le leggi della Provvidenza, sforzatevi di cooperare con esse, e vedrete compiersi nell'umanità questa doppia manifestazione di progresso, tutti gli uomini che si avvicinano ad un livello comune, ed un livello in continuo aumento.
II. Come spiegare l'apparente esaltazione della povertà da parte di Cristo e il disprezzo di quegli elementi sociali che sembrano più caratteristici della civiltà moderna?
Gesù Cristo non è venuto nel mondo per dare agli uomini un nuovo sistema morale, ma per darci un nuovo motivo per essere buoni e per fare il bene. La sua denuncia della ricchezza e l'esaltazione della povertà non devono essere disgiunte dalle condizioni in cui parlava, tanto meno dall'oggetto reale che aveva in vista. Il suo metodo è sempre stato quello di concretizzare il principio astratto. Non dobbiamo andare al Nuovo Testamento come a un codice di massime e dicta; dobbiamo impregnarci della mente di Cristo e lasciare che il nostro comportamento fluisca liberamente da essa.
III. Non accontentiamoci del messaggio dell'uomo di scienza, del sociologo che ci dice che la nostra unica speranza è nel lento progresso dell'evoluzione sociale; scendiamo nel vivo della mischia, nella strada sudicia e nel villaggio monotono, e là, in mezzo alle "folle popolazioni comuni", facciamo servizio di operai.
CW Stubbs, Oxford and Cambridge Undergraduates' Journal, 1 marzo 1883.