Commento biblico del sermone
Genesi 22:10
Una tentazione era venuta su Abramo; pensava che fosse la cosa giusta da fare, e che era chiamato a farlo; così, dopo averci rimuginato intensamente per diversi giorni, fu irresistibilmente portato a prendere il coltello allo scopo di uccidere suo figlio.
I. Da quando gli era nato il figlio della promessa, la sua tendenza naturale era stata quella di riposarsi su Isacco piuttosto che su Dio. Dopo un po' si svegliava con la coscienza turbata che non era con lui come in altri giorni; che era sprofondato dalla serena vetta sulla quale un tempo si trovava. Rimuginando così di giorno in giorno arrivava a sentire come se una voce lo chiamasse a mettersi alla prova rinunciando volontariamente al figlio che gli era stato dato. Fu portato alla follia, febbricitante alla follia, dal fervore del suo desiderio di mantenere la fiducia nel grande Padre, proprio come ora gli uomini a volte sono per il fosco ardore della sfiducia.
II. Ma Dio non lo tentò? tu dici. Non è così registrato? Sì, senza dubbio; nella mente del Patriarca era Dio che lo tentava. La narrazione è una narrazione di ciò che è accaduto nella sua mente; il tutto è una scena soggettiva, ritratta oggettivamente. L'antica pratica cananea di offrire sacrifici umani suggeriva ad Abramo di coltivare e manifestare la fiducia immolando suo figlio.
III. Sebbene Dio non abbia suggerito il crimine, tuttavia è stato nel processo la prova di mantenere e coltivare la fiducia senza permettere che lo conduca con la perversione al crimine. Parlò a lungo al cuore di Abramo con forza irresistibile, intimandogli di fermare la mano. Il Signore non poteva contraddirsi nel petto del Patriarca, ordinandogli un giorno di uccidere, e un altro giorno gridando "Non uccidere"; e lo storico vuole farci capire che quest'ultima era la vera voce di Dio, contraddicendo e prevalendo contro la voce che era stata scambiata per la Sua.
IV. Vediamo Dio penetrare e disimpegnare la grazia in Abramo che stava dietro l'ingiustizia. Ha diviso tra il vero motivo del cuore e la falsa conclusione del cervello debole. Egli nota e fa tesoro di ogni bene che arrossisce in mezzo alla nostra cattiveria.
SA Tipple, Echi di parole pronunciate, p. 213. Riferimento: Outline Sermons to Children, p. 8.