Commento biblico del sermone
Giona 3:1-10
Giona 1-4
Giona seppellì e risuscitò un tipo di Cristo.
I. Più di una volta nel corso del ministero di nostro Signore, tra persone diverse e per scopi diversi, si serve della similitudine della sepoltura e della risurrezione del profeta. Quando i Giudei chiesero un segno, Egli lo rifiutò, (i) perché era presuntuoso chiederlo; (ii) perché erano ciechi di fronte ai segni reali già dati e costantemente esistenti davanti ai loro occhi; (iii) perché la stessa richiesta era una prova di profonda empietà, e la concessione di essa sarebbe stato un premio alla slealtà e all'empietà religiosa.
Nessun segno dovrebbe essere dato loro tranne il segno del profeta Giona, l'esatto opposto di quello che cercavano. Lo hanno chiesto dall'alto. Dovrebbe essere dal basso. Hanno chiesto che potesse essere glorioso. Dovrebbe essere, secondo il giudizio carnale, ignominioso. Dovrebbe provenire da un mare oscuro di guai, non da un firmamento luminoso. Dovrebbe essere tempesta, dolore, morte, sepoltura; non il sole, la vittoria, l'intronizzazione.
II. Tale comprendiamo essere il significato del linguaggio di nostro Signore nel confronto tra Lui e Giona. È un paragone che poggia principalmente sulla somiglianza nell'umiliazione di Giona e di Gesù. La somiglianza generale è evidente a chiunque. Giona era nel cuore del mare; Gesù era nel cuore della terra. Giona era nel "ventre dell'inferno", o nella tomba, o Ade; Gesù stava effettivamente attraversando, vivendo, nel mondo invisibile, acquisendo così il suo diritto di detenere le chiavi.
Giona era lì in punizione del suo peccato; Gesù (Sé stesso senza peccato) fu ucciso e consegnato alla tomba oscura dai peccati del mondo, che portò ed espiò sulla Croce. Giona rimase tre giorni e tre notti nella sua tomba vivente; Gesù era allo stesso tempo morto e sepolto. Giona fu riportato alla luce e alla vita; Gesù fu "dichiarato Figlio di Dio, con potenza, mediante la risurrezione dai morti".
A. Raleigh, La storia di Giona, p. 169.