Commento biblico del sermone
Giovanni 16:32
La solitudine
I. C'è una solitudine inseparabile dalla vita spirituale. Accarezzare tali amori e speranze del cielo, tali desideri per l'onore di Dio, tale gioia per la grazia di Gesù, che non osi strappare dal sacro silenzio del cuore, non è questo il peso di tutti i santi? "Eppure non da solo." Ci consoli sotto le nostre speranze e paure nascoste, sotto la stanchezza del peccato e sotto gli sforzi non apprezzati per fare il bene, ricordare non solo che Cristo ha sentito tutto, ma che in mezzo a tutto ciò ha attirato nel suo seno la dolce compagnia di un confidente celeste e Padre. Per noi, come per Lui, il senso di tale società si rivelerà balsamo per il nostro dolore e conforto nella nostra solitudine.
II. Una particolare varietà di solitudine spirituale sorge quando un cristiano è chiamato a sopportare la tentazione. In tali assalti un cristiano può aspettarsi poco aiuto e quasi nessuna compagnia dall'uomo. Ma è quando nessun uomo è al nostro fianco che il nostro Giuseppe si scopre ai suoi fratelli, e la presenza di Geova è un luogo segreto.
III. C'è una solitudine nel dolore. Il dolore profondo ama il silenzio e la pensione. Quando un uomo piange, si separa per farlo. Dov'è la persona in lutto che non ha sperimentato il duplice desiderio desiderio di una solitudine interiore, che si sente indispensabile; desiderio di comunione a portata di mano, per quanto possibile a portata di mano, su una pietra gettata via. Colui che potrebbe affrontare la sua prova con la certezza che Uno sopra non lo lascerà mai del tutto solo, sa come salvarti per mezzo dell'angelo della sua presenza.
IV. Esattamente in proporzione alla preziosità della presenza divina è l'indicibile solitudine dell'assenza divina. Eppure, l'anima disperata, sotto tale solitudine di abbandono, ha il diritto di dire che è passata al di là del sentimento di comunione del Figlio di Dio? Nell'assoluta solitudine dell'oscurità esteriore Egli scrutò; Ha attraversato il limite; Perse la coscienza di quella Presenza, e si sentì davvero per la prima volta solo, privo di quel segreto istinto interiore la cui cosciente simpatia Lo aveva sostenuto in ogni precedente solitudine. "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Se anche lui ha vissuto un'esperienza così orribile, non deve essere attratto a guardarti in essa con l'interesse del sentimento di comunione?
J. Oswald Dykes, Sermoni, p. 326.
Riferimenti: Giovanni 16:32 . Pulpito contemporaneo, vol. ix., pag. 363; Spurgeon, Mattino dopo Mattino, p. 81; Mensile del predicatore, vol. viii., p. 367; J. Vaughan, Cinquanta sermoni, decima serie, p. 9; E. Bersier, Sermoni, 1a serie, p. 299; Pulpito della Chiesa d'Inghilterra, vol. xiii., p. 253.