Commento biblico del sermone
Isaia 50:7
Il più felice dei doni per un uomo con cui nascere al mondo è la forza di volontà; non che un uomo possa con essa evitare la sofferenza e il peccato; ma proprio per questo la sofferenza eleva e accresce la forte volontà; che quando abbandona il peccato lo abbandona senza un sospiro. La felicità interiore, l'attrattiva verso gli altri, la facilità di pentimento e di emendamento, la fermezza contro l'opposizione, sono la splendida dote che la forte volontà porta all'anima. È quindi nostra saggezza chiederci: come possiamo mantenere o rafforzare la nostra volontà?
I. Non possiamo farlo semplicemente ostinandoci a fare a modo nostro, come lo chiamiamo noi. Il nostro modo può essere sbagliato; e nessuno usa mai la parola forza in relazione a delitto o colpa non chiama mai un uomo forte un peccatore, un volontario, un violento. La ragione è evidente, e cioè che peccare intenzionalmente è usare una volontà solo nella direzione in cui è più facile usarla. E ciò non può rendere più forte la volontà, non più di quanto si rafforzerebbe una mente che si adoperasse solo in «un lavoro intellettuale che non le presentava difficoltà».
La volontà deve progredire evitando le cose alle quali è incline, e mirando alle cose che semplicemente sa in qualche modo buone, anche se per il momento può darsi che non siano pienamente desiderate.
II. Ci sono momenti in cui sorge davanti a noi un nobile ideale di ciò che dovremmo essere e sentiamo l'impulso di credere che potremmo essere. Cos'è questo ideale? È la «volontà di Dio su di noi», come dice san Paolo. È ciò che ognuno di noi può diventare per la potenza dello Spirito di Dio. In questo ideale non possiamo passare subito. Ma possiamo sempre avvicinarci ad esso. Non è nella natura umana fare quel cambiamento improvviso, ma è perfettamente possibile fare un inizio.
E a questo scopo dobbiamo chiamare in aiuto quella stessa volontà perché agisca secondo la nostra volontà; perché non c'è in noi potere più alto, più primario, della volontà. Se la volontà deve essere influenzata, la volontà stessa deve fare il lavoro. Supponiamo che venga presa una decisione; allora ecco che subito la nostra volontà comincia a servirci costantemente e a rafforzarsi in se stessa. La nostra volontà non agisce affatto quando elabora, per quanto fortemente, un'inclinazione naturale.
La volontà si rafforza solo quando è messa al lavoro attivo, cosa che abbiamo visto chiaramente essere il nostro dovere, anche se quando arriviamo a farlo troviamo che il perseguimento di esso affatica enormemente le nostre forze.
Monsignor Benson, Boy Life: Sundays in Wellington College, p. 39.
Riferimenti: Isaia 50:7 . Spurgeon, Le mie note di sermone: Ecclesiaste a Malachia, p. 246; Rivista del clero, vol. XII., p. 151, vol. XVI., p. 143.