Commento biblico del sermone
Marco 1:14
Due cose appaiono in superficie nell'interpretazione dei Salmisti dell'idea del regno di Dio.
I. Uno è il suo scopo morale. Il regno di Dio si manifesta infatti nei Salmi in tutta la sua magnificenza; in tutta la sua ampiezza; sulla natura e sull'uomo; sopra le stelle del cielo, e il bestiame su mille colli; sopra le tempeste del deserto e le inondazioni; sul cammino della storia e sui destini delle nazioni, e sui segreti del cuore dell'uomo; su tutto quel vasto, inconcepibile universo al di là della stella più lontana.
Ma l'imponenza, lo stupore e lo stupore con cui i Salmisti si soffermavano su ciò che era esteriore e tangibile, rende tanto più sorprendente la chiarezza, la forza con cui discernevano in mezzo a tutta la potenza e maestà dell'eterno dominio di Dio; in mezzo a tutta la sua bellezza e tutti i suoi terrori, il potere supremo e governante di uno scopo morale della legge della santità, della rettitudine e della verità.
C'è una convinzione circa il regno, che, dal primo all'ultimo Salmo, non conosce beatitudine, ma la beatitudine della giustizia, dell'innocenza, del perdono; è un regno molto al di sopra del potere di influenza dell'uomo; molto al di sopra della capacità dell'uomo di comprendere o misurare; che si rivela all'uomo solo perché comprenda che la legge che non può mai essere infranta è più ferma del mondo rotondo, che non può essere spostato, del cielo così lontano sopra di noi la legge che nessun cambiamento può toccare, nessun potere può alterare, è la legge eterna del bene e del male.
II. Altrettanto evidente è l'ampiezza con cui i Salmisti assumevano e annunciavano il carattere universale del regno di Dio; poiché non erano insensibili alla posizione privilegiata del popolo eletto; avevano tutti la sensazione di un israelita che Dio abitasse e governasse in Israele come non fece in nessun altro luogo; i loro cuori si gonfiavano al ricordo della grandezza delle loro fortune, alle patetiche vicissitudini della sua storia più meravigliosa.
Ma sebbene fossero così consapevoli della propria meravigliosa elezione, i pagani non sono, nei loro pensieri, esclusi dal regno di Dio. Colui che abitava in Sion o Gerusalemme era ancora Dio di tutte le famiglie della terra; e per la benedizione di tutte le famiglie della terra fu data la benedizione ad Abramo e alla sua discendenza. Quel vasto mare di nazioni che si agitava attorno agli stretti confini di Israele, così completamente diverso da esso nel linguaggio, nell'adorazione, nella storia; separato da esso tanto ampiamente come se fossero stati abitanti di un altro mondo, fu tuttavia salvato e governato dal Tutto-Santo, che adoravano. Loro, primizia, primogenito dell'umanità, non erano che i capi del canto di lode.
RW Chiesa, Pulpito del mondo cristiano, vol. xxviii., p. 385.