Commento biblico del sermone
Marco 5:20-21
Affollare Cristo e toccare Cristo.
Nota:
I. La grande differenza, può essere una differenza per noi come di vita e di morte, tra l'affollarsi di Gesù e il toccarlo. La moltitudine lo accalcava; solo questa donna fedele lo toccò. Non c'era niente nell'occhio esteriore che potesse distinguere tra la sua azione e la loro. Pietro e gli altri discepoli non vedevano nulla per distinguere questa donna da qualsiasi altro membro di quella moltitudine ansiosa, curiosa e senza cerimonie che si accalcava intorno a Lui, come era loro abitudine; sicché Pietro, che era sempre pronto, e talvolta troppo, con la sua parola, è quasi propenso a sollevare il suo Signore e a rimproverarlo per aver posto questa domanda: "Chi mi ha toccato?" Domanda che aveva così poca ragione, visto che tutta la moltitudine si accalcava e premeva su di Lui in ogni momento e da ogni parte.
Ma Cristo riafferma e ripete la sua affermazione: "Qualcuno mi ha toccato". Conosceva la differenza, distinse subito, come per istinto divino, quello credente dai molti non credenti. C'era qualcosa in lei che la metteva in connessione con la grazia, la forza, il potere di guarigione che erano in Lui. Mi chiedi cos'era questo? Era la fede. Era la sua fede. Venne aspettandosi una benedizione, credendo nella benedizione e trovando così la benedizione che si aspettava e credeva.
Ma quella moltitudine incurante che affollava il Signore, desiderosa solo di soddisfare la loro curiosità e di vedere quale nuova meraviglia avrebbe fatto dopo, poiché non desideravano nulla, non aspettavano nulla da Lui, quindi non ottennero nulla. Vuoti vennero, e vuoti se ne andarono.
II. Non c'è qui la spiegazione di molto, solo di troppo, nella vita spirituale degli uomini. Siamo dei tanti che affollano Gesù, non dei pochi fedeli che lo toccano. Portiamo un nome cristiano; attraversiamo un certo giro di doveri cristiani; siamo così portati esteriormente in contatto con il Signore; ma veniamo senza aspettare benedizione, e quindi non ottenendo benedizione. La fede è la mancanza, la fede, la fame divina dell'anima, il vuoto dell'anima che brama di essere riempito e crede che sarà riempito, dalla pienezza di Dio, e poiché è così, quindi non esce virtù da Lui a noi; non ci è mai dato di toccarlo, perché subito sappiamo in noi stessi che siamo integri della nostra piaga.
RC Trench, Sermoni nell'Abbazia di Westminster, p. 318.