Commento biblico del sermone
Matteo 11:29-30
I. Stabiliamo come primo principio nella religione che tutti noi dobbiamo venire a Cristo, in un modo o nell'altro, attraverso cose per noi naturalmente spiacevoli; può essere anche attraverso la sofferenza fisica, o può essere nient'altro che la sottomissione delle nostre infermità naturali e il sacrificio dei nostri desideri naturali; può essere un dolore maggiore o minore, su un palcoscenico pubblico o privato; ma finché le parole "giogo" e "croce" non possono rappresentare qualcosa di piacevole, il portamento del nostro giogo e della nostra croce è qualcosa di non piacevole; e sebbene il riposo sia promesso come ricompensa, tuttavia la via del riposo deve passare attraverso il disagio e l'angoscia del cuore.
II. Se richiamate alla mente alcuni tratti di quello speciale carattere religioso a cui siamo chiamati, capirete subito come sia esso, sia la disciplina con cui si forma in noi, non ci siano naturalmente piacevoli. Quel carattere è descritto nel testo come mansuetudine e bassezza; poiché ci è stato detto di "imparare" da Colui che era mite e umile di cuore. Lo stesso carattere ci viene presentato più ampiamente nel Discorso della montagna del nostro Salvatore, in cui ci vengono date sette note di cristiano, di carattere in sé doloroso e umiliante, ma gioiose, perché da Lui benedette.
III. Niente di meno che la sofferenza, tranne in rari casi, ci rende ciò che dovremmo essere gentili invece che aspri, miti invece che violenti, accondiscendenti invece che arroganti, umili invece che orgogliosi, puri di cuore invece che sensuali, sensibili al peccato invece che carnali. Non immaginate mai che il vero carattere cristiano possa fondersi con il carattere del mondo, o che il carattere del mondo sia migliorato semplicemente da un tipo superiore di carattere mondano.
No, è un personaggio nuovo, o, come dice san Paolo, "una nuova creazione". Non c'è che una croce e un carattere d'animo formati da essa, e nulla può esserne più lontano di quei temperamenti e disposizioni in cui vive la maggior parte degli uomini chiamati cristiani.
JH Newman, Parrocchiale e sermoni semplici, vol. vii., p. 182.
Riferimenti: Matteo 11:29 . Spurgeon, Sermoni, vol. xix., n. 1105; HW Beecher, Pulpito del mondo cristiano, vol. ix., pag. 84; vol. xxix., p. 30; Mensile del predicatore, vol. vi., pag. 37; W. Morrison, Trecento contorni sul Nuovo Testamento, p. 18; W. Gresley, Pratiche Sermoni, p. 199; G. Huntington, Sermoni per le Sacre Stagioni, vol. i., pag. 63.