Commento biblico del sermone
Matteo 21:28-30
Promettere senza fare.
Promettiamo di servire Dio; non eseguiamo; e ciò non per deliberata infedeltà nel caso particolare, ma perché è la nostra natura, il nostro modo di non obbedire, e questo non lo sappiamo; non conosciamo noi stessi o cosa stiamo promettendo. Nota diversi casi di questo tipo di debolezza:
I. Quella di scambiare buoni sentimenti per vero principio religioso. Quante volte un uomo è spinto dalle circostanze a esprimere un desiderio virtuoso, oa proporre un atto generoso o valoroso, e forse si applaude per il proprio buonumore, e non ha alcun sospetto di non essere in grado di agire di conseguenza. Gli sfugge che c'è un grande intervallo tra il sentire e l'agire. Sa di essere un agente libero e nel complesso può fare ciò che vuole; ma non è consapevole del carico di natura corrotta e di abitudini peccaminose che gravano sulla sua volontà e la intasano in ogni suo esercizio particolare.
II. Un caso speciale di questo autoinganno si vede nel ritardare il pentimento. Nient'altro che atti passati sono i voucher per il futuro. I sacrifici passati, le fatiche passate, le vittorie passate su di voi sono i segni di simili in serbo, e senza dubbio di maggiori in serbo. Ma fidati a dir poco di questi. "Fatti, non parole e desideri", questa deve essere la parola d'ordine della tua guerra e la base della tua sicurezza.
III. Un'altra forma plausibile dello stesso errore è l'errore riguardo a ciò che si intende per fede. La fede morta, come dice San Giacomo, non giova a nessuno. Che cos'è invece la fede viva? Pensieri ferventi rendono viva la fede? San Giacomo ci dice il contrario. Ci dice che le opere, gli atti di obbedienza, sono la vita di fede. Per quanto ne sappiamo qualcosa, la fede giustificante non ha esistenza indipendente dai suoi atti determinati particolari. Può essere descritto come il temperamento con cui gli uomini obbediscono; l'umile e sincero desiderio di piacere a Cristo che provoca e assiste ai servizi effettivi.
JH Newman, Parrocchiale e sermoni semplici, vol. i., pag. 165.