Commento biblico del sermone
Matteo 26:24-25
Giuda rimproverato da Cristo.
I. Darà maggiore interesse ai detti di nostro Signore nel testo se supponiamo che siano stati pronunciati con un riferimento speciale a Giuda, con il disegno misericordioso di avvertirlo dell'enormità del suo crimine progettato, e quindi, se ancora possibile, di trattenerlo dal suo incarico. Il Figlio dell'uomo stava per partire, come era scritto di Lui, nulla gli sarebbe accaduto che non fosse stato chiaramente prestabilito.
La parte che Giuda stava per prendere nella spaventosa tragedia era ogni briciolo così accuratamente definito nel piano divino come se Giuda fosse stato semplicemente uno strumento passivo nella mano divina; ma nondimeno, guai a quell'uomo da cui il Figlio dell'uomo è tradito! E se il disgraziato Giuda avesse sognato, come forse fece, che si trattava di una sorta di scusa per il suo tradimento, che era necessario al compimento della profezia, avrebbe dovuto portargli a mente una convinzione schiacciante della falsità che egli nutriva che Cristo potesse così combinare la certezza del suo tradimento e la criminalità del suo traditore.
II. Guarda poi un'altra illusione a cui è probabile che Giuda abbia dato indulgenza. Questa è l'illusione sulle conseguenze, la punizione, dell'esagerazione o dell'esagerazione del peccato. Avrebbe potuto essere che Giuda potesse a stento persuadersi che un Essere così benefico come Cristo, che aveva visto stancarsi di benedire anche i suoi nemici, che aveva visto piangere lacrime amare sulla Gerusalemme infedele, avrebbe mai del tutto messo da parte la grazia di la sua natura, e vendicare un torto fatto cedendo l'autore a un'angoscia intensa e interminabile.
In tutta la gamma della Scrittura non c'è forse un passaggio che si opponga così decisamente a questa illusione come l'ultima frase del discorso del nostro Salvatore nel testo. "Sarebbe stato un bene per quell'uomo se non fosse nato." Meglio, anzi, meglio non essere mai nato per non essere mai risorto nel mondo, un essere dotato del magnifico ma tremendo dono dell'immortalità se il peccato incorre nell'arrendersi di quell'immortalità a una porzione di fuoco e di vergogna. Il detto del nostro testo radica completamente la menzogna a cui Giuda ei suoi seguaci sono così pronti ad aggrapparsi.
H. Melvill, Pulpito di Penny, n. 1.866.
Riferimenti: Matteo 26:26 . Pulpito contemporaneo, vol. vii., p. 182; Durrant, giovedì Penny Pulpit, vol. ii., pag. 277. Matteo 26:26 ; Matteo 26:27 . G. Calthrop, Parole ai miei amici, p. 177.