Commento biblico del sermone
Matteo 27:42-43
Gli schernitori della croce.
I. La prima osservazione che mi sembra deducibile dall'insieme di queste parole davanti a noi è questa, che la croce di Cristo apparentemente frantuma in frantumi le pretese di Cristo. O Gesù Cristo è morto ed è risorto dai morti, e poi Egli è il Figlio di Dio, come ha affermato di essere; oppure è morto come gli altri uomini, e c'è una fine. E poi è inutile parlare di Lui come di un maestro saggio e di un carattere adorabile e perfetto; È un fanatico entusiasta, tutta la bellezza del cui insegnamento religioso è guastata e viziata dalle stravaganti pretese personali che vi attribuiva.
Dobbiamo respingere il bel sogno di un Uomo perfetto, a meno che non siamo disposti ad andare oltre e dire un Dio incarnato. La croce di Cristo infrange le pretese di Cristo, a meno che non sia risorto dai morti ed esaltato alla destra di Dio.
II. "Ha salvato gli altri; se stesso non può salvare". La croce di Cristo è una necessità, alla quale Egli si è volontariamente sottoposto per salvare un mondo. Questi uomini avevano solo bisogno di modificare una lettera per essere grandiosamente e gloriosamente giusti. Se invece di "non avrebbe potuto", avessero detto "non avrebbe potuto", avrebbero colto il cuore stesso del potere e lo splendore centrale della gloria del cristianesimo. Era la sua volontà, e nessuna necessità esteriore, che Lo ha legato lì; e quella volontà fu mantenuta salda e immobile da nient'altro che dal suo amore. Egli stesso ha fissato la catena di ferro che lo legava.
III. La croce è il trono di Cristo. In un aspetto la sua morte è il punto più basso della sua umiliazione; in un altro è il punto più alto della Sua glorificazione. In un aspetto è il Suo chinarsi alla condizione più umile degli umili che Egli vorrebbe servire; in un altro è, come Egli stesso l'ha chiamata, l'ora in cui «il Figlio dell'uomo sarà glorificato».
IV. La provocazione conclusiva qui ci dà un altro pensiero, vale a dire, che la morte di Cristo è la grande prova che Dio si è diletto in Lui. La fede di Cristo non ha mai raggiunto un'energia più alta di quella che ha raggiunto in quel momento solenne e misterioso in cui si è fusa con il senso di desolazione in quel grido: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" e la gioia di Dio nel Suo beneamato Figlio raggiunse la sua massima energia nello stesso momento in cui divenne obbediente fino alla morte.
A. Maclaren, Commonwealth cristiano, 12 novembre 1885.