Commento biblico del sermone
Matteo 27:45-46
Il grido dal profondo.
I. Dobbiamo parlare dell'oscurità. Nota (1) che era un'oscurità che la scienza non è in grado di spiegare. Non era l'oscurità della notte, perché cominciava alle dodici del giorno. Non era l'oscurità di un'eclissi, perché allora era la luna piena, ed è solo alla luna nuova che possono aver luogo le eclissi di sole. (2) L'oscurità era conforme al grido che in questo momento aleggiava sullo spirito del Redentore.
Dio si compiacque di far sì che la Natura simpatizzasse visibilmente con la passione di Suo Figlio. Il coronamento del crimine degli uomini, il crimine di aver ucciso il Principe della Vita, e quindi di scacciare il Signore della Natura dal suo proprio mondo, non doveva passare senza una qualche denigrazione della Natura stessa contro di esso. (3) Considerare le tenebre della Crocifissione come un segno di Dio, inteso non solo a sottolineare l'importanza dell'avvenimento, ma ad agire sulle coscienze dei crocifissi prima che l'atto fosse compiuto.
II. Ora dobbiamo parlare del grido. (1) Cosa c'era in questo grido di diverso da qualsiasi altro grido morente? Dobbiamo scegliere tra due alternative; uno è che il grido proveniva da una debolezza del cuore indegno di un uomo, l'altro che veniva dal sentire un mistero di peccato, insondabile e Divino. Quello era il calice «assaggiato», il calice per il trapasso di cui da Lui, se fosse possibile, pregava, e alla cui bevuta, se la Volontà lo richiedeva, si dedicò solennemente.
(2) Il grido era stato predetto. L'esclamazione: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" è il primo verso, e suona proprio la nota chiave, del 22° Salmo. Considerando quel salmo come una profezia dei pensieri di Cristo mentre era sulla croce, possiamo giustamente considerare questo versetto come un'indicazione del pensiero che avrebbe allora il primo posto e il potere nella mente del grande Espiatore. (3) In questo grido abbiamo l'esempio perfetto di fiducia nella prova.
Proprio in quel momento, quando fu crocifisso nella debolezza, il suo grido fu "La mia forza, la mia forza". Benché in quell'ora di tenebre non pronunci quel grido felice "Padre mio", Egli, come l'Uomo perfetto, si aggrappò saldamente alla sua Roccia, resistette a tutti i colpi delle onde e dei marosi; e anche in questa breve esplosione di linguaggio in agonia applicò a Dio la parola "Mio" due volte, appropriandosi della "Forza Vivente" come sua stessa.
C. Stanford, Voci dal Calvario, p. 159.
Riferimenti: Matteo 27:45 ; Matteo 27:46 . Nuovi schemi sul Nuovo Testamento, p. 23. Matteo 27:45 ; Matteo 27:51 . Ibid., p. 23.