Commento biblico del sermone
Romani 10:3
Errori prevalenti sulla giustificazione considerati.
Nota:
I. L'idea che lo spirito possa ricevere un onorevole congedo nel gran giorno sulla base dell'obbedienza alla legge. È un'opinione che esiste, infatti, in speranze fluttuanti e informi, piuttosto che nella forma di un pensiero chiaro e illuminato; tuttavia è sufficientemente definito e potente per influenzare l'esistenza di vaste moltitudini. "Se diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi". Nessuna legge può assolvere un uomo condannato per la sua violazione; se dovessimo ricevere l'assoluzione, dev'essere su un altro principio.
II. Una teoria più prevalente è quella che suppone che il dolore per il passato e l'emendamento per il futuro saranno accettati come motivo di giustificazione. Ma la legge "richiede ciò che è passato". La legge direbbe ancora: "Pagami quello che devi". Dovremmo essere ancora indebitati senza speranza. Per questo ulteriore motivo l'emendamento non giustificherebbe. Non poteva esserci giustificazione, riempiendo l'anima di dolce e sicuro piacere dopo le lacrime di dolore e le lotte per l'emendamento, come il chiaro che risplende dopo la pioggia.
III. Un'altra opinione prevalente è che la giustificazione sia operata da Cristo, insieme a certe azioni cooperative della creatura. Qual'è la verità? Gli oracoli di Dio dichiarano la verità riguardo al provvedimento che è stato fatto per la nostra giustificazione. Siamo certi che il peccatore è giustificato solo da Gesù Cristo. Dobbiamo "sottometterci" alla giustizia di Dio". Dobbiamo sottometterci per entrare in un'arca che non potremmo costruire, che potremmo non navigare, ma in cui dobbiamo entrare solo in dipendenza impotente dall'amore e dalla grazia invisibili. L'opera della salvezza l'uomo, come l'opera di creare l'uomo, è in tutto divino, altre religioni lo rappresentano come opera dell'uomo verso Dio, la nostra religione come opera di Dio verso l'uomo.
C. Stanford, Verità centrali, p. 99.
Riferimenti: Romani 10:3 . W. Cunningham, Sermoni, p. 213; Omilista, 3a serie, vol. ix., pag. 282; G. Brooks, Cinquecento contorni, p. 264.