Commento biblico del sermone
Salmi 119:131
Considereremo qui il Salmista come un contrasto tra il carattere insoddisfacente del finito e il potere che c'è nelle cose divine di soddisfare tutti i desideri dell'anima.
I. David parla come un uomo che aveva messo alla prova il bene creato e ne aveva dimostrato l'insufficienza. Non aveva davvero esaurito il bene, sebbene la sua ricerca lo avesse esaurito; ma l'aveva provato a tal punto da accertare che era limitato. Vide fino a che punto la ricchezza o la saggezza potevano arrivare nel soddisfare i desideri dell'uomo, e ne constatò l'inadeguatezza; lo avrebbero lasciato ancora esausto e ansimante.
Con la generalità degli uomini l'opinione sembra essere che l'insoddisfazione nasca da ciò rimanendo ancora tanto inposseduta, ma si sostiene che l'anima non può accontentarsi di nulla di cui possa scoprire i limiti. Esaurirà tutto ciò che può dimostrare di non essere inesauribile. E dunque in che cosa può essere soddisfatta l'anima se non in Dio, del quale solo si può affermare che non deve essere raggiunto dalla marcia dell'anima, non pesato nelle sue bilance, non compreso nel suo orizzonte?
II. "Ho desiderato ardentemente i tuoi comandamenti". Tutta la Legge è riassunta nell'ingiunzione di amare l'amore del nostro Creatore e di tutti gli uomini per amor Suo. E se l'amore è così l'adempimento della Legge, non ci si può meravigliare che Davide metta i comandamenti in contrasto con tutte le cose create, come se tu non potessi prendere la durata dell'una, sebbene tu potessi dell'altra. È la sorprendente proprietà della legge di Dio che, pur condensata in pochi precetti, si estende su ogni ambito di condotta, in modo che nessun eventuale agio sia lasciato sprovvisto.
Eppure, nonostante questa ampiezza del comandamento di Dio, la legge divina non è quella che a prima vista dovremmo essere disposti a paragonare, rispetto alla potenza appagante, con la perfezione finita. Avremmo dovuto essere inclini a fissarci sul favore di Dio, o sulle gioie che Egli comunica al suo popolo, in quanto procurava quel materiale di soddisfazione che tanto invano si cerca in ogni bene terreno.
Ma esaminiamo attentamente la questione, e scopriremo che è strettamente per il comandamento che l'anima stanca deve desiderare. (1) La felicità dell'uomo sta nell'obbedienza al comandamento. (2) I comandamenti sono riassunti nell'amore. Amando Dio, gettiamo giù il peso che, se non rimosso, deve spingerci eternamente nelle profondità della miseria, e ci afferriamo all'immortalità, come acquistata per noi, e preparata e riservata.
H. Melvill, Pulpito di Penny, n. 2380.