Isaia 38:15

15 Che dirò? Ei m'ha parlato, ed ei l'ha fatto; io camminerò con umiltà durante tutti i miei anni, ricordando l'amarezza dell'anima mia.

MALATTIA SANTIFICATA

'Andrò dolcemente tutti i miei anni nell'amarezza della mia anima.'

Isaia 38:15

Nel testo ricorre un'espressione che apre la parte giubilante del canto di ringraziamento di Ezechia per la guarigione. La versione di Re Giacomo qui si legge, 'Io camminerò con umiltà tutti i miei anni in l'amarezza della mia anima.' Ma la nostra versione riveduta dà il significato correttamente, "a causa dell'amarezza della mia anima".

La nuova lettura marginale dà come sostituto di 'vai piano', 'come in solenne processione'. È come se Ezechia vedesse in visione grata la lunga processione dei suoi giorni e dei suoi anni, davanti al suo popolo, salire davanti a Dio, un inno di lode al suo liberatore.

La malattia, il dolore o la sofferenza di qualsiasi tipo, quando santificati, hanno questo effetto ammorbidente. In ricordo di ciò che abbiamo sentito e imparato, vogliamo andare piano, teneramente, dolcemente. Questo si manifesta in tre modi:—

I. Nella tenerezza della coscienza. — Avendo appena imparato di più sulla nostra debolezza, troviamo il bisogno di camminare dolcemente, con tenerezza. Come un uomo camminerebbe sul ghiaccio sottile, guardandosi intorno da entrambi i lati in cerca di qualcosa di forte su cui riposare, così faremo, sapendo che dobbiamo attraversare luoghi difficili e difficili, e guardando a Cristo e allo Spirito Santo in tutta la nostra debolezza e insufficienza.

II. Chi è stato scosso dalla mano di Dio, sia fisicamente che moralmente, deve aver imparato una carità più grande e più tenera per la debolezza degli altri, per i loro dubbi e peregrinazioni. —La malattia porta quasi sempre qualcosa di questo effetto ammorbidente nel cuore e nella vita per un po' di tempo. Corregge e sottomette gli angoli e le asperità del carattere.

III. La malattia santificata produrrà morbidezza di spirito davanti a Dio. —I nostri pensieri su di Lui saranno più amorevoli, più grati, più personali. Siamo portati a pensare a Dio come a un'astrazione; parlare di Lui come il chimico e l'astronomo parlano dei principi della scienza, o del problema di cui fanno le somme sulle loro lavagne. Ma penserò a Lui non come il grande Sovrano, il Benefattore generale, ma come il mio Amico, il mio Guaritore, Colui che mi ha sollevato dalle porte della morte. La mia voce mentre pronuncerò il Suo nome sarà tremolante di sentimento e morbida con intensità e tenerezza d'amore.

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