Commento dal pulpito di James Nisbet
Matteo 5:4
COMFORT PER I DOLCI
'Beati coloro che piangono, perché saranno consolati.'
Non tutto il dolore vince questa beatitudine. C'è un dolore che è duro, che nutre il risentimento contro Dio, che rimugina su se stesso e decide di essere senza speranza; tale dolore non porta conforto. Il dolore di cui parla nostro Signore è quello che, sebbene sia amaro e difficile da sopportare, è tuttavia come il dolore del bambino, è ancora fiducioso, ancora tendendo una mano per il tocco di simpatia, ancora rivolgendo una supplica per soccorso e aiuto.
Non è sulla superficie della felicità, ma nel profondo del dolore che lo spirito dell'uomo trova la roccia divina sulla quale si trovano la gioia, la forza e l'incoraggiamento della vita. Considera dunque tre dei dolori che Gesù Cristo dichiara benedetti perché troveranno forza e incoraggiamento.
I. Il dolore causato dalla morte . ‑ La morte in un senso ritira coloro che amiamo, ma in un altro senso li rivela; rimuove da loro tutto ciò che era imperfetto, accidentale e indegno; sgombra loro tutti i malintesi di questa scena sconcertante; ce li mostra nel loro vero e migliore sé essenziale; ciò che Dio stava facendo di loro qui e sta facendo di loro più perfettamente altrove.
II. Il dolore causato dal dolore del mondo . ‑ Beati, infatti, coloro che ne sanno qualcosa. Siamo fatti per uscire nel mondo della povertà e della sofferenza umana, e portarne una parte nell'ospitalità del nostro cuore. In questa simpatia ci rendiamo conto che la nostra razza umana non è una semplice raccolta di atomi isolati; è unita in un solo cuore e vita, in quel Cuore profondo e compassionevole dell'Umanità. In quella simpatia che va da cuore umano a cuore umano, tocchiamo il Cristo e, in Cristo, Dio.
III. Il dolore causato dal peccato .-Beati, certamente, coloro che ne sanno qualcosa. pietosi coloro che non ne sanno nulla. Parliamo molto di religione, ma siamo condannati per superficialità a meno che non ci sia un vero senso di peccato tra di noi. Nessun uomo sa nulla di Dio che non senta che i suoi peccati sono un affronto e un insulto alla santità e pazienza divine. Finché gli uomini si accontentano di parlare facilmente e con disinvoltura dell'«evoluzione dell'umanità» dall'imperfezione alla perfezione, possono fare a meno del senso del peccato; non hanno bisogno dell'Espiazione nella loro teologia.
Ma una volta che un uomo arriva a conoscere la verità più profonda su se stesso e realizza il suo bisogno più profondo, il suo grido sarà: "Dio abbi pietà di me peccatore". Allora l'Espiazione diventa non una teoria che può discutere, ma un fatto divino su cui, con la gratitudine di tutta la sua anima, si riposa.
—Vescovo CG Lang.
Illustrazione
«Ricordo di aver sfogliato una volta le pagine di una notevole raccolta di autografi e citazioni raccolte da quasi tutte le personalità di spicco in Europa nell'ultima parte del diciannovesimo secolo: re, statisti, poeti, artisti, uomini di scienza. Improvvisamente ho trovato su una pagina, sopra la firma, "CH Spurgeon", queste righe rudi e semplici:
E'er da quando per fede ho visto il flusso
Le tue ferite fluenti riforniscono,
L'amore redentore è stato il mio tema,
E lo sarà fino alla morte.
Da quel libro, pieno della saggezza del mondo, si leva improvvisamente strana e solitaria la voce di una gioia più profonda ed eterna di quanto il mondo possa dare o comprendere. È la voce di coloro che attraverso il dolore per il peccato sono giunti al loro grande incoraggiamento'.