Commento dal pulpito di James Nisbet
Salmi 109:8
RESPONSABILITA' DELL'UFFICIO
"Lascia che un altro prenda il suo ufficio."
Non è troppo dire che, salvo nello stesso Credo atanasiano, in nessun luogo i cristiani hanno trovato difficoltà spirituali più diffuse che in quelli che sono comunemente noti come Salmi Imprecatori, e anche tra questi nessuno è uguale al salmo da cui il testo è prese. Come dobbiamo capirli; come, specialmente quando ci viene detto di perdonare come saremmo stati perdonati, possiamo noi, nelle chiese cristiane, prenderli sulle nostre labbra? Le spiegazioni sono varie.
Il buon vescovo Hall, nel suo desiderio di spiegazione, altererebbe l'ottativo al futuro. Nel caso in esame questa è senza dubbio la conclusione naturale. Che fosse d'accordo con un desiderio o meno, il fatto era chiaro: quando un incarico veniva perso o perso una volta, un altro doveva prenderlo.
E non ci sono modi in cui la profezia può attrarci? Lasciaci vedere.
I. Il carattere temporaneo dell'ufficio. — In un certo senso deve — temporaneità. Siamo qui ma da poco. Dio seppellisce i suoi operai, ma porta avanti la sua opera. Un giorno la tua pratica medica, o la tua professione, o la tua attività, o il tuo negozio, o il tuo ufficio, o il tuo ufficio ecclesiastico, o il tuo lavoro particolare, saranno tenuti da qualcun altro. Un altro nome sarà dipinto fuori. Il vento passerà su di te e il tuo posto, come quello del fiore di campo, non ti conoscerà più. Verrà il tempo in cui la porta dell'opportunità terrena sarà chiusa, ea ciascuno di noi a turno dovrà essere pronunciata l'inevitabile frase: 'Che un altro prenda il suo ufficio'.
II. Inidoneità all'ufficio. ‑ Ma se questa è la legge comune sulla quale non c'è il controllo umano, ci sono altri sensi in cui la risposta deve stare in noi stessi. Ci sono cariche ricoperte da persone manifestamente inadatte: l'uomo quadrato, come dice un vecchio proverbio, nel buco rotondo. Il nostro inglese Carlo I, il francese Luigi XVI, una successione di zar russi, chi può affermare che nient'altro che danno sia stato fatto dalla deposizione, nel riempire la loro posizione da altri? Quanto bene sarebbe se persone che si trovano in posizioni inadatte ovunque potessero pronunciare la dolce parola di liberazione, passandole nelle sfere adatte e lasciando che altri prendano il loro ufficio! Ma più spesso l'inidoneità risiede nella colpa deliberata piuttosto che nella sfortuna reale.
Non siamo adatti a compiti nobili perché non facciamo alcuno sforzo. È legge inesorabile di Dio che l'ufficio venga tolto a coloro che ne abusano. Ufficio non significa il titolo, o il nome, o l'orpello, o lo spettacolo esteriore, ma significa la realtà interiore e l'aspirazione all'ideale spirituale e pratico interiore. La professione non fa l'uomo, ma è l'uomo che fa la professione. E dove gli uomini, oi paesi, o le chiese hanno fallito, la parabola dei talenti ci insegna che l'occasione perduta viene data agli altri.
III. 'Tieni stretto ciò che hai.' —Sì, c'è un piccolo posto nella Chiesa e nell'universo di Dio che nessuno può riempire così bene come noi stessi. Permettetemi di chiedere a ciascuno. Il tuo ufficio è di ergerti come discepolo del Maestro, come membro del regno divino. Ne sei consapevole? Ti sei mai reso conto che il tuo lavoro qui non è solo la tua salvezza egoistica o individuale, ma è il servizio e la salvezza di altre anime? "Nessuno", S.
Giovanni dice: 'prendi la tua corona'. Dobbiamo andare avanti o indietro. Dobbiamo diventare più forti o indebolirci, perché non c'è modo di stare fermi. Dobbiamo essere o per Dio o contro ciò che è santo. Ognuno di noi sta adempiendo al proprio ufficio divino come servitore di Dio? Deboli in noi stessi, possiamo essere forti in Gesù Cristo.
Il reverendo dottor Darlington.