Il sonno dell'uomo che lavora [è] dolce, sia che mangi poco o molto: ma l'abbondanza del ricco non gli permetterà di dormire.

ver. 12. Il sonno di un lavoratore è dolce. ] Il sonno è la nutrice della natura, il salario che lei paga al pover'uomo per le sue incessanti pene. Il suo prezzo non è così alto, la sua cura non è così grande, ma che senza temperare o distrarre può abbracciare il suo riposo più dolcemente, e non sentire alcun disturbo, fino a quando il tempo dovuto di alzarsi non lo sveglia. a Questi uomini che lavorano sono sani come una roccia, affamati come i cacciatori, stanchi come non mai il cane del giorno, come si suol dire, e quindi non appena sdraiati nei loro letti, ma profondamente addormentati, il loro duro lavoro causa una facile digestione e ininterrotta riposo.

Mentre lo spirito inquieto del ricco disgraziato cavalca giorno e notte sul suo corpo; cura di ottenere, paura di mantenere, dolore di perdere, questi tre avvoltoi si nutrono di lui continuamente. Rotola una pietra di Sisifo; la sua abbondanza, come un pezzo di piombo, grava sul suo cuore e gli spezza il sonno. Proprio come la malattia chiamata l'incubo, o ephialtes, in cui gli uomini nel sonno pensano di sentire una cosa grande come una montagna che giace sul loro petto, che non possono in alcun modo rimuovere.

La sua cattiva coscienza presto lo frusta e trafigge, come fece il nostro Riccardo III, dopo l'assassinio dei suoi due innocenti nipoti, e Carlo IX di Francia, dopo il sanguinoso massacro. Dio lo terrorizza anche con i sogni, gli getta in faccia manciate di fuoco dell'inferno, interpellat cogitantem, excitat dormientem, come dice Ambrogio, lo interrompe mentre sta pensando, lo sveglia mentre dorme, gli risuona quel dolente rintocco nelle orecchie, che lo fa sussultare e fissarlo: "Stupido, questa notte ti sarà tolta l'anima". Veni avaro in iudicium, vieni, disgraziato, accogli il tuo giudizio.

La fine del sonno è la sicurezza dell'animale. - Magir.

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