Quindi insegnaci a contare i nostri giorni, affinché possiamo applicare il [nostro] cuore alla saggezza.

ver. 12. Quindi insegnaci a contare i nostri giorni ] Afferma il filosofo, che l'uomo è dunque la più saggia delle creature, perché solo lui può contare, Bruta non numerante. Ma in questa divina aritmetica di contare i nostri giorni (alla quale non si può paragonare tutto il resto, no, sebbene potessimo, come si vantava Archimede, contare le stelle del cielo, o le sabbie presso la riva del mare), Dio stesso deve essere nostro insegnante, o non lo faremo mai per uno scopo.

R. Salomone osserva, che la parola כן resa qui "così", se presa come lettere numeriche, fa settanta, e gli anni della nostra vita sono settanta; da cui, dicono altri rabbini, se deduciamo il tempo dell'infanzia e della giovinezza, che è la vanità, il tempo del sonno, del riposo, del pasto e della ricreazione (che è più della metà), e il tempo dell'afflizione e del dolore di cui non godiamo, a quale povera miseria sarà ridotta la vita!

Affinché possiamo applicare i nostri cuori ] Ebr. affinché possiamo farli venire; perché naturalmente si bloccano e fanno strani.

Alla sapienza ] Al vero timore di Dio e alla mortificazione del peccato, che è pungiglione della morte e ne fa una botola per l'inferno. Questo è difficile da fare, ma deve essere fatto; o gli uomini sono distrutti per sempre. Vivere con pensieri morenti è il modo di morire con le comodità della vita.

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