UN

ESPOSIZIONE,

CON OSSERVAZIONI PRATICHE,

DELLA SECONDA EPISTOLA DI

JOHN.

      QUI troviamo un'epistola canonica inscritta, principalmente, non solo ad una singola persona, ma anche ad una del sesso più dolce. E perché non a uno di quel sesso? Nella redenzione evangelica, nel privilegio e nella dignità, non c'è né maschio né femmina; entrambi sono uno in Cristo Gesù. Nostro Signore stesso trascurò il proprio pasto, per comunicare con la donna di Samaria, per mostrarle la fonte della vita; e, quando stava quasi spirando sulla croce, con le sue labbra morenti lasciava in eredità la sua benedetta madre alle cure del suo discepolo amato, e in tal modo lo istruiva a rispettare le discepole per il futuro.

Fu a una dello stesso sesso che nostro Signore scelse di apparire per prima dopo il suo ritorno dalla tomba, e di inviare per mezzo di lei la notizia della sua risurrezione a questa e agli altri apostoli; e troviamo poi una zelante Priscilla che si assolve così bene nella sua razza cristiana, e particolarmente in qualche servizio rischioso verso l'apostolo Paolo, che non solo è spesso menzionata davanti a suo marito, ma a lei come a lui, non solo al stesso apostolo, ma anche tutte le chiese gentili, erano pronte a restituire i loro riconoscenti ringraziamenti. Non c'è da meravigliarsi quindi che un'eroina nella religione cristiana, onorata dalla divina provvidenza e distinta dalla grazia divina, debba essere dignitosa anche da un'epistola apostolica.

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