Il profeta ricomincia in questo capitolo, delineando dapprima più dettagliatamente i giudizi di Dio; poi chiamando al pentimento. L'immagine raggiunge il suo apice nella presa di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, immagine essa stessa solo di giudizi peggiori, prima sugli Ebrei da parte dei Romani; poi sulle Chiese particolari; poi dell'inflizione per mezzo dell'anticristo; infine sul mondo intero. : “Il profeta pone davanti a loro la grandezza del dolore imminente, della prigionia imminente, della distruzione imminente, per indurre il popolo al terrore del giudizio di Dio, alla compunzione, all'amore dell'obbedienza.

Questo lo fa per la molteplicità della distruzione, la qualità del nemico, la natura della vittoria, il peso della miseria, la facilità del trionfo, l'ansia del male, la paura dei principi assediati, la pigrizia del persone assediate. Esorta tutti in comune a prostrarsi ai piedi del giudizio divino, se così fosse Dio guarderà giù dalla sua dimora, trasformerà la tempesta in una calma, e infine fuori dal naufragio della prigionia li ricondurrà al porto di consolazione.

” : “Non è una semplice previsione. Tutto sta davanti a loro, come nell'esperienza reale, e davanti ai loro occhi”. Le cose future colpiscono meno le persone; così li rende, per così dire, presenti alle loro anime. : “Egli non li lascerà vacillare riguardo al pentimento, ma ordina loro, mettendo da parte ogni svogliatezza, di mettersi coraggiosamente a scongiurare il pericolo, correndo da Dio, e cancellando le accuse contro di loro dai loro vecchi peccati con emendamenti sempre rinnovati”.

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