Iefte aveva ragione a non essere dissuaso dal mantenere il suo voto dalla perdita e dal dolore per se stesso (confronta i riferimenti marginali), proprio come aveva ragione Abramo a non negare suo figlio, il suo unico figlio, a Dio, quando gli fu comandato di offrirlo come un olocausto. Ma Iefte era completamente in errore in quella concezione del carattere di Dio che lo portò a fare il voto avventato. E avrebbe fatto bene a non uccidere suo figlio, anche se sarebbe rimasta la colpa di aver fatto e di aver infranto un simile voto. Flavio Giuseppe caratterizza bene il sacrificio come "né sanzionato dalla legge mosaica, né gradito a Dio".

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