Sebbene non vi sia alcun titolo anteposto a questo bel salmo, e nessuna indicazione diretta sull'occasione in cui è stato composto, tuttavia non possono esserci dubbi sulle circostanze in cui è stato scritto. Non c'è, infatti, alcuna menzione del nome dell'autore, e nessuna possibilità di recuperare quel nome ora, ma non c'è dubbio che sia stato composto da uno degli esuli in Babilonia, uno che aveva assistito e condiviso le sofferenze di gli esuli lì, e che aveva anche un vivo ricordo dei torti fatti a Gerusalemme quando fu attaccata e distrutta dai suoi nemici.

Lo scrittore era un ebreo fino al midollo; un “ebreo degli ebrei”; incarnando ed esprimendo in questo breve salmo tutto ciò che c'era di speciale nel sentimento ebraico, nel patriottismo, nella devozione. Da nessun'altra parte in un breve arco di tempo si può trovare concentrato così tanto ebraismo - così tanta pietà ebraica - come in questo salmo. C'è dolore per la loro condizione di solitudine e desolazione a Babilonia; silenzio profondo e sottomesso in mezzo ai loro guai; indignazione per il fatto che dovrebbero essere scherniti e derisi dai loro rapitori; un forte - serio - supremo amore per la loro terra natale; profondo risentimento per il ricordo dei molti torti fatti a Gerusalemme quando fu distrutta; e una prima invocazione a Dio che avrebbe ricordato quei torti allo stesso modo in relazione a Edom e Babilonia, e avrebbe trattato quei malfattori come meritavano.

Sembrerebbe molto probabile che il salmo sia stato composto poco dopo il ritorno da Babilonia, e prima che il tempio fosse terminato, mentre le rovine della città causate dagli edomiti e dai babilonesi erano visibili ovunque. Il ricordo combinato degli insulti di Babilonia, e del torto fatto alla città alla sua cattura, anima il poeta e riempie la sua mente di questa profonda e ardente indignazione.

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