Commento biblico di Adam Clarke
Esodo 3:13
E Mosè disse a Dio: Ecco, quando verrò dai figli d'Israele e dirò loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi; e mi diranno: Qual è il suo nome? cosa dirò loro? Diranno: - Qual è il suo nome? - Non suppone questo che gli Israeliti avessero una nozione idolatra anche dell'Essere Supremo? Probabilmente avevano bevuto profondamente nelle superstizioni egiziane, e avevano molti dèi e molti signori; e Mosè ipotizzò che, udendo di una liberazione soprannaturale, avrebbero chiesto chi fosse quel Dio da cui doveva essere effettuata.
Le ragioni fornite qui dai rabbini sono troppo raffinate per gli israeliti in questo momento. "Quando Dio", dicono, "giudica le sue creature, è chiamato Elohim; quando combatte contro i malvagi, è chiamato Tsebaoth; ma quando mostra misericordia al mondo, è chiamato Yehovah". Non è probabile che gli israeliti avessero molta conoscenza di Dio o delle sue vie al tempo cui si riferisce il testo sacro; è certo che non avevano parole scritte.
Il libro della Genesi, anche se scritto (per alcuni suppone che sia stato composto da Mosè durante la sua residenza a Madian), non era stato ancora comunicato al popolo; ed essendo così a lungo senza alcuna rivelazione, e forse senza nemmeno la forma del culto divino, le loro menti essendo degradate dallo stato di schiavitù in cui erano state tenute così a lungo, e vedendo e ascoltando poco nella religione se non le superstizioni di coloro tra i quali soggiornarono, non potevano avere nozione distinta dell'Essere Divino.
Lo stesso Mosè avrebbe potuto dapprima dubitare di questo argomento, e sembra che fosse molto in guardia contro l'illusione; quindi pone una varietà di domande e si sforza, con ogni mezzo prudente, di assicurarsi della verità e della certezza della presente apparizione e commissione. Conosceva bene il potere dei maghi egiziani, e non poteva dire da queste prime visioni se non ci fosse stata qualche illusione in questo caso.
Dio quindi gli dà la prova più completa, non solo per la soddisfazione delle persone a cui doveva essere inviato, ma per la sua piena convinzione, che era il Dio supremo che ora gli parlava.