Che il ladro prenda tutto ciò che ha; e lascia che gli stranieri rovinino il suo lavoro. Lascia che gli estranei rovinino il suo lavoro - Molte di queste esecrazioni si sono letteralmente adempiute nel caso dei miserabili ebrei, dopo la morte di nostro Signore. Non solo furono espulsi dal proprio paese, dopo la distruzione di Gerusalemme, ma fu loro proibito di tornare; e tanto tassati dal governo romano, che furono ridotti al più basso grado di povertà.

Domiziano li espulse da Roma; e furono obbligati ad abitare fuori porta Capena, in un bosco attiguo alla città, per il quale erano obbligati a pagare un affitto, e dove tutta la loro proprietà era solo un canestro e un po' di fieno. Vedi Giovenale, Sat. ver. 11: -

Substitit ad veteres arcus, madidamque Capenam:

Hic ubi notturno Numa constituebat amicae,

Nunc sacri fontis nemus, et delubra locantur

Giuda: quorum cophinus, foenumque supellex:

Omnis enim populo mercedem pendere jussa est

Arbor, et ejectis mendicat silva Camoenis.

Si fermò un po' al cancello del condotto,

Dove Numa ha modellato un tempo lo stato romano;

Nei consigli notturni con la sua ninfa si ritirò:

Anche se ora le ombre e le fonti sacre sono assunte

Da ebrei banditi, che possono deporre tutta la loro ricchezza

In una piccola cesta, su un filo di fieno.

Eppure tale è la nostra avarizia, che ogni albero

Paga per la sua testa; né il sonno stesso è libero;

Né luogo né persone sono ora sacri,

Dal loro stesso boschetto le Muse vengono espulse.

Asciugare.

Lo stesso poeta si riferisce ancora a questo stato miserabile degli ebrei, Sat. vi., ver. 541; e mostra a quali vili estremità si ridussero per ottenere un boccone di pane: -

Cum dedit ille locum, cophino foenoque relicto,

Arcanam Judaea tremens mendicat in aurem,

Interpres legum Solymarum, et magna sacerdos

Arboris, ac summi fida internuncia coeli.

Implet et illa manum, sed parcius, aere minuto.

Qualia cunque voles Judaei somnia vendunt.

Qui un'ebrea è rappresentata come proveniente dal bosco sopra menzionato, per guadagnare qualche oboli dalla predizione; e, tremando per non essere scoperta, lascia il suo cesto e il fieno, e sussurra sommessamente all'orecchio di una donna, dalla quale spera di essere assunta nella sua stirpe. È qui chiamata dal poeta l'interprete delle leggi di Solimae, o Gerusalemme, e la sacerdotessa di un albero, perché obbligata, con il resto della sua nazione, ad alloggiare in un bosco; così che si potrebbe dire che lei e i suoi compatrioti cercano il loro pane in luoghi desolati, poiché lo straniero ha guastato il loro lavoro.

Forse tutto il Salmo si riferisce alle loro infedeltà, ribellioni e miserie inflitte loro dalla crocifissione di nostro Signore fino ai giorni nostri. Preferirei questo senso, se quanto detto su Salmi 109:20 non fosse considerato una migliore modalità di interpretazione.

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