Dio dimorerà davvero. — Il pensiero qui espresso esemplifica una costante antitesi che attraversa l'Antico Testamento. Da una parte c'è la concezione più profonda e immutabile dell'Infinito, eterno, invisibile, incomprensibile, del Signore, come «l'Altissimo e Santo che abita l'eternità», che «il cielo dei cieli» — il cielo, cioè, in tutta la sua più vasta estensione - "non può contenere"; e la spiritualità di questa concezione è custodita dal più severo divieto di quell'idolatria che limitava e degradava l'idea di Dio, e dal rimprovero della superstizione che confidava in un'intrinseca sacralità dell'Arca o del Tempio.

D'altra parte, c'è un'altrettanto vivida convinzione che l'Infinito Geova si compiace ancora di stipulare un patto speciale con Israele, al di là di tutte le altre nazioni, di rivelarsi presso la nuvola in mezzo al suo popolo, di benedire, con un benedizione peculiare, “il luogo che Egli sceglie per collocarvi il Suo Nome”. Le due concezioni coesistono, come nel testo, in completa armonia, preparando entrambe la perfetta manifestazione di un “Dio con noi” in quel regno del Messia, che doveva ad un tempo perfezionare l'alleanza con Israele, e includere tutti i popoli, nazioni e lingue nei secoli dei secoli.

Le parole di Salomone in spirito anticipano l'espressione del profeta ( Isaia 66:1 ), citata da Santo Stefano contro l'idolatria del Tempio ( Atti degli Apostoli 7:48 ), e anche la più grande dichiarazione di nostro Signore ( Giovanni 4:21 ) quanto alla presenza universale di Dio a tutto il culto spirituale.

Eppure sente la realtà della consacrazione della Casa sollevata dal comando di Dio; e prega che tutti coloro che lo riconoscono mediante la preghiera "verso questa casa", possano entrare nell'unità speciale con Dio che simboleggia, ed essere ascoltati da Lui dal cielo. Per contrasto istruttivo, il Tempio è descritto come il luogo dove si fa abitare il “Nome” di Dio, cioè la Sua auto-rivelazione; ma il cielo, e solo esso, come la vera dimora di Dio stesso.

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