Il commento di Ellicott su tutta la Bibbia
2 Tessalonicesi 1:5
Che è... — Nella fervida eloquenza dell'originale queste parole di collegamento sono omesse, e la clausola aggiunta in una sorta di apposizione alle parole "in tutte le tue persecuzioni"; l'effetto è lo stesso di quando in inglese mettiamo un trattino: "che sopportate — un segno manifesto", &c. L'indicazione del giusto giudizio di Dio consisteva non tanto nella vitalità e crescita della fede e dell'amore dei Tessalonicesi quanto nel fatto stesso di essere perseguitati; tale persecuzione era un'indicazione reale di come sarebbe andato il giusto giudizio di Dio nell'ultimo giorno.
Non si deve dare eccessivo rilievo all'epiteto "giusto", come se fosse "un segno della giustizia del giudizio di Dio"; il punto è solo indicare già ciò che un giudice equo avrebbe probabilmente deciso.
Affinché possiate essere considerati degni. — Ciò esprime il risultato, non del giudizio futuro di Dio, ma delle sofferenze pazienti che rivelano quale sarà quel giudizio. Il “contare degno” (o meglio, forse, il “ dichiarare degno”) è, infatti, il “giudizio” o sentenza stessa. “Soffri in modo tale che possiamo prevedere il giusto verdetto di Dio: cioè, in modo da essere poi dichiarato (il tempo greco indica un momento distinto di formazione della stima) idoneo a ricevere il regno di Dio”. La parola “considerato degno” non ha in questo luogo nulla a che vedere con la questione teologica del merito.
Il regno di Dio. — Che aveva formato una caratteristica preminente della prima predicazione a Tessalonica. (Vedi Introduzione alla prima lettera ai Tessalonicesi ) . I cristiani di Tessalonicesi, dunque, non sono ancora nel regno di Dio? Sì; ma solo come suoi sudditi: d' ora in poi devono essere considerati degni non di essere ammessi in esso, ma di esso stesso - cioè, di ereditarlo, di diventarne re. (Comp. l'argomento parallelo in 2 Timoteo 2:12 .)
Per cui soffri anche tu. — S. Paolo ama molto questo “anche” nelle frasi relative; stringe l'accoppiamento tra la proposizione relativa e quella antecedente, e così fa emergere più chiaramente il legame vitale tra il patire e il regnare. Soffrono “per il regno”, non solo per conquistarlo, ma per suo conto, in difesa di esso, in conseguenza dell'essere suoi cittadini, per estenderne il dominio.